martedì 31 dicembre 2013

Cosa lascia un altro anno


 Il tempo ti restituirà quello che hai dato.



Piove anche oggi, la tristezza di un altro anno che ti sfugge tra le dita, che ti porta via qualcosa e qualcuno e così ti ritrovi a contare quello che resta, chi resta. E di cose ne hai capite parecchie in questo 2013. Hai capito che la debolezza sta tutta nel permettere alla gente di fare vai e vieni come gli pare con la tua vita, che anche le persone a cui hai provato a dare il tuo mondo ti pugnalano alle spalle o davanti senza nessuna remora, che la gente torna sempre anche solo per ricordarti che se n'è andata. Hai visto che al dolore non c'è fine, che quello che credevi essere il fondo può essere sempre più fondo di quanto tu stessa non solo pensi ma osi immaginare. Hai chiuso tante porte, le hai sbattute in faccia e con violenza, solo per proteggerti almeno dagli altri, dato che ormai hai rinunciato a proteggerti da te stessa. Hai capito, finalmente che non è sano lasciare che vecchie ferite si riaprano e buttarci il sale sopra per trasformarle in macche indelebili. Sei riuscita a capire come si fa a curarsi da soli, come si fa ad "andare oltre", quest'oltre che alla fine non sai neppure cos'è. Hai visto che "ogni male ha il suo colpo di ritorno", come dice Alda.  Hai risolto il problema dell'insofferenza per il silenzio, trovando in esso pace e conforto. Hai trovato un rifugio fatto di un'unica certezza, te stessa che sa esserci e sa sparire quando richiesto e quando opportuno. Hai visto che i veri amici restano, nonostante i litigi, gli allontanamenti, le parole e il resto, loro ci sono e non si dimenticano di te.
Hai avuto conferma ancora una volta, che la correttezza, l'onestà ti premia, se non subito, a distanza di anni, ti può far dire ad alta voce che avevi ragione, e hai preso atto che avresti preferito non averla questa ragione. E oggi che è l'ultimo giorno di un anno che ti ha privato di qualcosa d'indescrivibile, oggi che le lacrime continuano a scendere, che lo stomaco e il cuore sono scatole di latta vuote in cui si sente solo un singhiozzo, puoi solo attaccarti a ciò che c'è e non più a quello che non c'è.


Ma anche un calcio nel culo va bene
anche quello ogni tanto fa bene
come segno di amore sicuro
di contatto e calore animale
senza tante parole
tutte queste parole
che non cambiano niente
che non legano il sangue

mercoledì 18 dicembre 2013

Contare solo su di sè




Ma dopo avrai tutto il tempo e la forza per rimettere insieme i pezzi. Le situazioni vanno affrontate! Se scappi sarai in frantumi nello stesso modo ma il rimorso farà di te un uomo a pezzi per tutto il tempo che ti resta. E saranno pezzi ogni giorno più piccoli.
Giorgio Faletti







Sveglarsi alle tre ma non come quando ci si sveglia per riaddormentarsi, ma come quando ci si sveglia senza bisogni impellenti da soddisfare. Rigirarsi tra le coperte e non capire se è il letto che è diventato troppo piccolo o sei tu ad avvertirlo come una prigione che ti soffoca con il suo calore. Sono giorni strani, in cui non hai voglie particolari, nè desideri, nè speranze. Stamattina hai camminato parecchio per scacciare i pensieri e fronteggiare il tuo limite: questo non saperti lasciare sfuggire le cose, questo non riuscire a dimenticare niente e nessuno anche se questo ti corrode dentro come acido. Fra poco arriva Natale, le luci e la gente sono in festa, ma per te questo è solo un altro giorno che va via dal calendario e ti sbatte in faccia la felicità degli altri. Gli altri, un bell'argomento, perchè gli altri o meglio "l'altro" esiste e anche tu sei "altro" rispetto ad un altro individuo e così via. C'è questo insieme di altri che non si riconoscono come altri, ma semplicemente come io. Perchè l'io è la malattia peggiore che esiste e ora che ne stai guarendo la vedi dilagare e per questo sparisci, ogni giorno di più. Così non parli e ascolti tutte le storie di drammi sentimentali di varia natura che ti vengono a raccontare e rispondi a monosillabi perchè ogni giorno cresce la consapevolezza che questa malattia aumenta il tuo distacco e il tuo silenzio. Un silenzio che forse neppure ti appartiene tanto. Hai sempre avuto questa mania di salvare gli altri: prima la bambina bionda tanto chiara da sembrare bianca adesso diventata una donna bambina cupa e cresciuta troppo in fretta, gli amici senza che te lo avessero chiesto e una persona a cui hai voluto parecchio bene ed è scomparsa. E solo ieri che eri tu ad avere un maledetto bisogno di essere salvata, hai capito che l'unica persona che ti poteva salvare eri tu, non un lui, un'amica o una speranza, ma solo tu con le tue forze. E finalmente hai imparato la lezione: quando si cerca una mano bisogna sempre ricordare, che per fortuna, oltre la mano destra hai anche la sinistra, e viceversa.


Vagò per giorni sotto il sole cocente
raccolse conchiglie lampeggianti
credendo ogni volta
di avere trovato la più bella
questo lo portò a elaborare amare considerazioni
sulla condizione umana
e su certi suoi amori di un tempo
tornò che era ormai aprile
con la convinzione che la vita
potesse essere tranquillamente racchiusa
in un banale quadretto balneare.

domenica 8 dicembre 2013

Cielo, mare e terra




Per quanto tempo può galleggiare una persona, guardando un orizzonte vuoto? Per quanto puoi lasciarti portare dalla corrente prima di chiamarlo abbandono?
                                                                                                                 Janet Fitch- Oleandro bianco



 

Sono quasi le due e non riesci a prendere sonno neppure con tutto l'impegno del mondo. Senti ancora sulle labbra il sapore del Bayles che hai bevuto stasera, i piedi gelati e gli occhi un po' lucidi. La notte è sempre il momento peggiore per fare i conti con i propri fantasmi: loro sono più forti al buio, e tirano calci, parecchi e ben assestati. Stasera c'erano tanti pensieri, o forse farneticazioni che ti tenevano compagnia, e li volevi scrivere, ma non c'era la carta, non c'era la penna, ed era troppo brutto metterli su un display, così hai preferito dimenticarli per ricordarli adesso in questo campo di battaglia silenzioso. Pensi che i limiti sono tendenzialmente relativi, che quello che prima era insopportabile ad un certo punto diventa tollerabile, se lo metti su una bilancia con tutto il resto. E ci sono pensieri da cui si scappa, che si evitano come la peste, per non lasciarsi infettare, ma se la malattia non è fuori di te ed è cresciuta dentro come puoi anche solo pensare di evitarla? Una mela può essere rossa e bellissima di fuori, ma niente esclude che un verme dentro non si stia già nutrendo di lei. Poi pensi a quanto è triste essere come il cielo. E guardi all'ingiustizia di questo paragone, a volte ci pensi a quanto vuoto deve sentirsi il cielo, a quanto è sempre esposto a tutto: ai temporali, alle imprecazioni della gente, al vento, alle stagioni, ai cambiamenti. Il cielo, che dovrebbe ricongiungersi con il mare all'orizzonte non lo fa mai, il cielo è lì pronto a morire oscurandosi ogni giorno. Il cielo riesce a riempirsi solo con il sole, la luna, le stelle e le nuvole. Il cielo è fatto per le nuvole forse?  Si riempie ma non smette mai di morire, facendo calare la sera, e lasciando che piova, in inverno più che mai. Il mare continua ad agitare le sue onde, a infuriarsi e sfiora la terra di continuo, la schiaffeggia o l'accarezza? L'accarezza, sempre, non arriva mai con troppa violenza, perchè la sua aggressività si esaurisce nell'atto di sfiorarla. E la terra prende il mare, prende il sole, prende la luna, prende le stelle, e al cielo restano solo le nuvole. La terra è il posto dove cammini, il posto che ti tiene al sicuro, il cielo alla fine è solo aria. Ma non sai che senza aria non respiri? Si ,è vero l'ossigeno viene dalla fotosintesi di alberi piantati sulla terra, ma loro non avrebbero niente se il cielo non contenesse il sole. Così il cielo alla fine fa il lavoro sporco e i benefici sono di tutti, tranne che suoi. C'è chi ha detto che il cielo è lì, è tutto, immenso e irrangiungibile, che senso ha essere immenso se poi sei vuoto? Ma ci sono sempre le nuvole a tenerti compagnia, loro non se ne vanno, neppure quando il cielo muore ogni giorno. Poi ci pensi e dici, che tu non volevi essere come il cielo. Volevi essere Terra.



Well, you're a liar and your cues are all wrong
But I can't count all the ways you woo me
I watch you capture what I can't hold
Now make make it make some sense to me


You are, you are my, you are my
You are my Superman

Hey, hey
You got to live, you got to live
You got to live

Make it fly, bless your soul
You get by, take me along
But all the static here, it's tearing you apart
You can't help the way you, you, you, you


martedì 3 dicembre 2013

Penne scariche usa e getta

"E' questo che spesso chi non ha attraversato il tropico del dolore fatica a capire: il fatto che una persona sia morta può voler dire che non è viva, ma non che non esiste."

                                                                                                               Julian Barnes- Livelli di vita

                                                                                Gina Vasquez Photography


"Fla, posso chiederti una cosa?"
"Dimmi"
"Perchè la gente muore?"
"Perchè, tutto finisce no? Prendi la tua penna preferita, prima o poi si scarica e finisce, muore anche lei. No?"
"Ma la penna non si può ricaricare?"
"Sì è vero, alcune penne si possono ricaricare, ma altre no. E le persone sono così come le penne scariche usa e getta che non si possono ricaricare."
"E allora perchè la gente muore anche prima di scaricarsi?"
 "No, non muore prima di scaricarsi, è che certa gente è come quelle penne che durano di meno perchè l'inchiostro è poco o perchè è più prezioso e per scrivere ne impieghi di più"
"Ho capito, ma quindi poi come si fa quando non hai più la tua penna preferita?"
"Si fa, Salvo, si fa che ti ricordi di averla avuta e sei felice lo stesso"
"Sicura?"
"Sì."
"Ti credo." E sorride. 

Io non mi credo per niente, ma va bene comunque, come tutto il resto, che se non va bene te lo fai andare bene lo stesso. Uno di quei giorni in cui si sta, in cui le ore passano in modo standard, nè troppo velocemente nè troppo lentamente. Leggo parecchio, un po' per evadere e un po' come terapia, come una specie di analisi. Mi allontano sempre di più dalle persone e mi attacco sempre di più alle cose, con smania perchè come una bambina penso che le cose non vanno via, che non me le possono portare via se io ci sto attenta. Mettere ordine dovrebbe essere il primo passo da fare adesso, ma da dove cominciare? Studio, cassetti, libreria, testa o cuore?  Per esclusione vado a parare sul porto sicuro: lo studio. E studio, almeno ci provo a ricordarmi come facevo prima, quando lei magari era ancora in ospedale ma viva. A volte è ancora come se ci fosse, poi penso a quanto freddo sente dentro la bara chiusa dentro quel loculo, a quanta aria le manca, e soffoco anch'io un po'. E questo capita spesso ormai, sempre quando sono in mezzo alla gente, quando mi metterei ad urlare e non mi esce la voce e soffoco. Da bambina avevo sempre un sacco di incubi, e spesso sognavo che lei moriva, poi mi svegliavo e finiva. Ma ora no. Però ora qualcosa è cambiato: non lo racconto più a nessuno cosa sento, perchè diciamocelo la tristezza alla gente fa proprio schifo. A me non ha mai fatto schifo invece. Alcuni pensano che se le cose non le dici, loro vanno via. Per me non è così, io non smetto mai nulla davvero, non smetto di voler bene alle persone anche se continuano a farmi a pezzi, per esempio. Ma ho paura. Paura di cambiare, paura di franare ancora. Oggi ho paura di tutto e tutti, ma a differenza di sempre oggi non hai bisogno di qualcuno che ti prenda per mano e ti dica che tutto si sistemerà.
Se rompi una cosa puoi rimetterla insieme ma in fondo resterà sempre a pezzi. E' un po' quello che succede anche con le persone, rompile senza ammazzarle, loro restano perchè non possono farne a meno, ma non funzionano più come prima, perdono luce, perdono bellezza, perdono amore. E lo so che sono rotta da tutte le parti, che m'inceppo, spesso, troppo spesso, ma devo provare a sistemarmi anche restando difettosa a vita, anche solo per capire che esisto ancora e che la vita va avanti comunque, che io voglia viverla oppure no.


 Come quando ti senti comunque,
come quando sono lontano,
come quando ti manco,
come quando ce l'hai con me,
come quando non ti vedo,
come quando manchi a me.

sabato 30 novembre 2013

Già.

"Succede che una mattina ti svegli e vedi che fuori non piove più e allora ti chiedi - beh? Che è successo?
Ecco, quella mattina successe a me che da tanto tempo non amavo, ma non per chissà quale motivo, non amavo e manco io sapevo il motivo preciso, m
a forse sì che lo sapevo: che senso poteva avere per me l'amare se non amare che te?
Quella mattina io avevo una gran voglia di dirti - ti amo -, almeno credo.
Quanto mi manchi amore mio. Certo, io lo sapevo già dentro di me di questa cosa che mi manchi ma l'ho capita bene solo quando fuori ha smesso di piovere e a me mi giocava il cuore.
È che prima avevo la scusa per non vedere il sole, pioveva, mica era colpa mia, ma le nuvole ora sono andate via portandosi dietro tutte le scuse. Ok, tu non ci sei, ok, ma va bene, va bene anche se va male, va bene perché io ti amo lo stesso.
C'è come un diario che ho chiuso nel petto, sento che devo tirarlo fuori e devo farlo senza schemi se non gli schemi che mi porto nel cuore.
Ah! Mannaggia mannaggia, mannaggia al cuore che non sa far calcoli ma che pure spesso sbaglia i conti.
Ma io non ero riuscito a dirti quel ti amo.
Era una primavera quando andasti via, lo ricordi? Io cercavo di farmi forza, la vita andava avanti sentivo dirmi da tutti.
Quando te ne sei andata io mi sono un po' rincoglionito.
Mi persi, diciamoci la verità, perdendoti io mi persi. E tu? Ah! No scusa, non volevo chiederti se anche tu ci sei rimasta male, era un e tu come stai? Roba del genere insomma, un e tu cosa fai ora? Che stai facendo adesso, adesso è in questo momento, che stai facendo in questo momento? Non mi interessa cosa stai facendo nella vita, io non ci sono più nella tua vita, cosa vuoi che mi importi?
Sicuramente starai facendo tante cose belle, bellissime, ma a me importa adesso, adesso adesso mi importa, adesso in questo momento. Io adesso ti sto pensando facendomi del male. Io vorrei non pensarti ed averti invece qui, qui vicino a me.
Ma non ci sei. Non voglio pensarti ma non lasciarmi solo, non andare via anche dai miei sogni.
Tu dolce ferita mi tagli il cuore, ma io sorrido sai? Non mi fa male questo maledetto male. Sorrido perché dentro ci sei te e ti vedo, almeno posso vederti. Ti vedo pure che dai un bacio a quello lì e questo un pò a dirti il vero mi fa incazzare.
Ma tu non lasciarmi lo stesso, tienimi con te pure se sono incazzato.
Tienimi con te. Non mi fa male la ferita al cuore, no, non mi fa male, sei tu che non ci sei, non andare via oltre.
A volte mi sento tanto forte da poterti dire che non esisti senza di me.
Ma non è vero sai? È che ci provo ad andare avanti, bisogna comunque provarci o almeno provo a convincermi che bisogna provarci.
Fossi riuscito a dirti ti amo oggi me ne fotterei della pioggia che smette o che non smette, facesse cosa cavolo vuole la pioggia, fossi riuscito a dirti ti amo io ora non sarei qui a pensare a dimenticarti senza cancellarti.
Sei incancellabile tu.
Sei come quelle macchie di inchiostro sul taschino della camicia, solo che sulla camicia ci puoi mettere una giacca, un maglioncino, ma su di te cosa ci posso mettere?"


Charles Bukowski

mercoledì 27 novembre 2013

Risalire






E' passato anche se spinto con tutte le forze questo mese vigliacco e infame, che ti ha separato dalla sola persona che non ti ha mai deluso e di cui ti sei sempre fidata. Adesso quindi devi tirare per forza le somme, come se potesse servirti a qualcosa, come se elencare tutte le cose andate ti aiuti a farti questa famosa ragione che tutti dicono. Perchè alla fine qual'è sta ragione che una persona deve farsi a perdere una persona che era stata sempre in perfetta salute prima dell'inferno del linfoma? Che ragione devi farti della gente che prende quello che gli serve e se ne va? Che ragione devi farti di persone che mostrano di essere in un modo e invece sono tutto l'inverso? Che ragione devi farti di chi si dimentica di te quando tu non ti dimentichi mai di nessuno, come se alla fine vincessi un premio o ci guadagnassi qualcosa a fare così, a essere così. Non ci sono ragioni che tengono per certe cose, e questo perchè neppure esistono. E spesso la vuoi trovare una ragione, e come se la vuoi trovare, magari se la trovi riesci ad alleggerirti, pensi. Che poi è ironico pensare di alleggerirti quando l'unica sensazione che senti dentro è il vuoto. In fondo hai sempre voluto avere i problemucci che avevano gli altri, quella legerezza che rasenta la superficialità, avresti voluto sapere poco, capire ancora meno, avresti voluto essere come gli altri, non la tipa giudiziosa e responsabile già a nove anni scarsi. E ora che puoi scegliere di essere come gli altri, di svuotarti, che fai? Scegli di non farlo, perchè non vuoi essere altro da te, perchè essere te, ti mantiene delle certezze che ti potranno strappare solo quando morirai. La certezza di non poter fare affidamento su nessuno in modo incondizionato, quella di non dover permettere a nessuno di avvicinarti oltre quel limite ben definito da te fissato che ti mantiene al sicuro, la certezza che la tua rabbia non è infondata, la certezza che se un giorno strappi tutti i tuoi libri e gli dai fuoco solo tu capirai perchè lo stai facendo. Risali, da quest' abisso di finzioni, di messaggi forzati, di conversazioni con cui si consuma solo la tastiera del computer o del cellulare. Risali, perchè non hai altra scelta.



Giorni e mesi corrono veloci
la strada è oscura e incerta
e temo di offuscarmi
non prestare orecchio alle menzogne
non farti soffocare dai maligni
non ti nutrire di invidie e gelosie
In silenzio soffro i danni del tempo
le aquile non volano a stormi
vivo è il rimpianto della via smarrita
nell'incerto cammino del ritorno

Seguo la guida degli antichi saggi
mi affido al cuore ed attraverso il male
a chi confessi i tuoi segreti?
ferito al mattino a sera offeso
salta su un cavallo alato
prima che l'incostanza offuschi lo splendore



giovedì 21 novembre 2013

L'errore è sempre uno

Io non tremo, è solo un po' di me che se ne va. 
 Afterhours 

 


Giovedì, ed è passato quasi un mese da quando Lei non c'è più. A volte sembra ancora che è solo un incubo molto lungo da cui mi devo svegliare, poi arriva la realtà a prendermi a schiaffi e a riportarmi al vuoto che si è creato. Perchè il dolore ti svuota, ti lascia privo di tutto, come se dentro di te qualsiasi cosa può cadere senza fare eco, senza impatto. Il dolore non brucia, alleggerisce. La delusione è altro, quella t'incedia di rabbia, ti riempie della consapevolezza che le cose come stanno sono sempre diverse da quelle che pensi. E io solo ora capisco che il dolore è altro da quello che pensavo di provare, perchè è un cecchino che spara a sangue freddo a tutte le parole che tentano timidamente di venire fuori. Di delusioni invece ne ho avute parecchie e continuo ad averne anche ora che non trovo neppure le parole per spiegarlo quanto ci resto male. E allora non dico niente, e lascio scorrere. E poi dirlo servirebbe a qualcosa? L'errore è sempre uno, mischiare le cose, illudersi che la gente sia come dice di essere, credere a quello che non c'è, inconsapevolmente da un lato, colpevolmente dall'altro. E questo mi spinge a voltare le spalle, a correre lontano, sempre di più, a distaccarmi dalla gente, anche da chi credevo fosse diverso. Mi fa scomparire nel nulla, come un'ombra stanca di dover esserci solo se esiste una fonte di luce che ne rende possibile l'esistenza. Esisto e non come ombra, ma come un corpo volente o nolente reale.


Quanto tempo abbiamo ancora per illuderci di stare, 
per illuderci di andare, per illuderci di avere?



martedì 19 novembre 2013

Non ammazzata




Tardo pomeriggio, col vento che bussa prepotente alla finestra. L'unico rumore è questo fruscio ostinato, anche i pensieri oggi sono muti. Ma sono sempre lì come una colica renale pronta ad esplodere quando non te l'aspetti. L'importanza di essere impermeabile sta in questo, nell'apparire un palazzo di cemento armato, sempre là fisso al terreno, e l'errore sta nel non considerare che anche quelli che sembrano palazzi quando piove si bagnano e restano lì a subire e assorbire tutta l'acqua che cade. In silenzio s'imparano molte cose: inizi a misurare il dolore, a fare un cronometraggio di quanto tempo ci metti a rialzarti ogni volta che cadi, cominci a tollerare fino allo stremo delle forze le parole inutili, le frasi di circostanza, i commenti fuorvianti e la tenerezza che fai a chi stolto non sa che potresti divorarlo, anche in mezzo a due milioni di lacrime, se solo volessi. E poi molte cose perdono importanza: tutto quello che hai investito su persone pronte a prendere più che possono e non dare niente in cambio. Un classico, gente parassita che non fa altro che vittimizzarsi da sola per poi essere tutto quello che dice di odiare.  Ho capito che ci sono persone che mi vogliono bene nonostante io sia così rotta, funzionante a tratti, a volte assente, a volte spietata.  Ho visto la debolezza di mia madre, la fragilità di mio fratello, il rifiuto di mio zio, mi sono vista strisciare rimanendo sempre in piedi, sempre d'un pezzo, un pezzo a pezzi. E ora sono qui, in un'altra dimensione di realtà, senza di lei. Una mancanza che rimarrà sempre la spia dell'ennesimo sasso che mi hanno tirato, senza riuscire ad ammazzarmi.


martedì 12 novembre 2013

Ricordare





Ricordare,ricordare,è come un pò morire.
Tu adesso lo sai perchè tutto ritorna anche se non vuoi.
E scordare,e scordare è più difficile.
Ora sai che è più difficile se vuoi ricominciare.
Ricordare,ricordare,come un tuffo in fondo al mare.
Ricordare,ricordare quel che c'è da cancellare.
E scordare,e scordare è che perdi cose care.
E scordare,e scordare finiranno gioie rare

domenica 10 novembre 2013

The eternal



La processione va avanti, le grida sono finite
Lode allla gloria degli amati
che ora non ci sono più
Parlando ad alta voce seduti alle loro tavole
Fiori sparsi innaffiati dalla pioggia
Ero vicino al cancello in fondo al giardino
Guardandoli passare come nuvole nel cielo
Cerco di gridare nella foga del momento
Posseduto da una violenza 
che brucia dall'interno

Piango come un bambino nonostante questi anni m'invecchino
con i bambini il mio tempo è così sprecato
Un peso da portare, nonostante la loro interiore partecipazione
Accetto come una disgrazia un affare sfortunato
Sdraiato vicino al cancello in fondo al giardino
Il mio sguardo spazia dalla siepe al muro
Nessuna parola potrebbe spiegare, nessuna azione potrebbe risolvere
Posso solo guardare gli alberi e le foglie che cadono.
 

domenica 27 ottobre 2013

Due lettere






Le due e mezza. Era da una vita che non facevo quest'orario, ma anche oggi che è tardi, che nel pomeriggio ho evitato di dormire per non pensare, non riesco a prendere sonno. Fuori dalla finestra vedo i fuochi d'artificio che brillano nel mare, e alle mie spalle sento l'Etna urlare e squarciare questo silenzio assordante.  Penso, sempre a troppe cose, e lascio che i pensieri e le parole mi lacerino indisturbati. E ogni giorno sta andando a parare verso tutto quello che non avrei mai voluto: perdere le persone che amo. Io le vedo andare via, ma sono impotente: non posso prendere la sua malattia e ammazzarla, non posso costringere le persone a fidarsi di me e a volermi bene come io ne voglio a loro. Non posso anche se è l'unica cosa che voglio. Così sono qua davanti a me stessa, da sola, mi tolgo i guantoni che ho usato per combattere dicendo che non sentivo male, che non era niente, e inizio a cucirmi le ferite da sola, e fanno male, ma lo so solo io. Mi tolgo la maschera e mi guardo così come solo io posso vedermi, disarmata, sconfitta.  Così scrivo, scrivo tanto, scrivo due lettere, per due destinatari diversi , e nessuno dei due le leggerà mai, le seppellirò come tutto dentro di me e lascerò che entrino nel vuoto. In quella indirizzata a te, zia, te lo dico finalmente quello che mi hai sempre chiesto, mi hai chiesto se mi era mancato qualcosa, se avrei voluto altro: non potevo volere nient'altro, tu mi hai dato tutto il bene di cui avevo bisogno, tutta la comprensione, tutto l'ascolto, tutto quello che potevo desiderare. Mi hai detto che non dovevo portare rancore, che dovevo essere migliore. Io ci provo ad essere migliore, a volere bene lo stesso, anche chi non mi ricambia, anche chi mi cancella, anche chi mi butta via come se fossi spazzatura. E alle tue promesse ho sempre creduto, perchè fino alla fine le hai mantenute, mi hai detto che avesti lottato e lo fai anche ora che non c'è più niente da fare. Mi hai detto che lo sapevi che ti stavo mentendo, ma io zia, questa volta la verità non te la potevo dire, non la potevo dire manco a me stessa. Non riesco a dirla neppure ora. E non te l'ho mai detto, ma io ero felice quando mi scambiavano per tua figlia, perchè tu sei sempre stata mia mamma anche se non lo eri per il sangue, è stato lo stesso. E ora che te ne stai andando, io conservo la tua ultima carezza, le tue ultime parole, preoccupata come sempre per tutti, ma più per me. Io l'ho visto quando mi hai fatto avvicinare al letto, l'ho visto nelle tue lacrime soffocate che tu hai capito e tu sai che io so, perchè tra noi è sempre stato così. E oggi sento che non riesco a respiare, perchè tu sei lì ad aspettare nel dolore una morte a cui tu non ti rassegni.  E io ti tengo con me per sempre così.



sabato 26 ottobre 2013

Spezzata


"Dovunque stai è uguale, quello che hai te lo porti dentro. Non c'è bisogno di nient'altro che del tuo corpo, è la casa di tutti i tuoi strappi, delle tue cicatrici. Il posto degli affetti che non hai, degli amori che non ti vogliono e di quelli che ti sei costruita per andare avanti. Quello che hai te lo trascini appresso, non è nelle persone e nemmeno nelle cose che ti ricordano delle persone. Quello che hai sta dentro di te."

Valentina D'Urbano- Acquanera

Partire per non ritornare più.


Notte insonne. Non si sente neanche un'anima, il pro e il contro di stare in un piccolo paese di montagna. Il freddo quest'anno non vuole arrivare e il gelo che mi fa da coperta stasera. Mi convinco che è la lavatrice a non farmi dormire, ma lo so bene che c'è dell'altro, c'è sempre Altro. Sono anni che sento che dentro di me  che c'è qualcosa che non va, qualcosa che non funziona. Uno strappo definitivo, uno strappo che stava appeso a una minuscola fibbra rimasta, poi spezzatasi del tutto. Non sono mai stata come i miei compagni di classe e lo sapevo, ma non sapevo che lo sapevano anche loro. Anni fa un ragazzo che era stato da sempre con me in classe e che aveva una cotta per me, trasformata in condanna ad un'amicizia forzata dal fatto che io non volevo saperne di lui, mi ha detto, che io ero sempre stata diversa, che guardavo tutti loro con distacco, che mi allontanavo come se i loro discorsi non avessero importanza, peso, senso ed era per questo che nessuno osava avvicinarmi. Io lo sapevo che non mi avvicinavano, ma non m'importava, mi stava bene così, la solitudine per me non è mai stata un grosso problema, semplicemente non la sentivo, mi faceva stare bene, perchè mi evitava le domande e le non risposte che dovevo dare. E c'era questo filo che conservava la speranza e teneva in piedi la mia persona nella sua parte ancora incontaminata, pura. Poi questo filo si è spezzato del tutto: erano le tre di notte del 30 ottobre del 2006.  Mentre tutti dormivano, tranne me e Lei, svegliata dal mio pianto a dirotto, a me si spezzava qualcosa dentro e diventavo un'altra, diventavo Morgan.
Quella notte in questo stesso letto, con la stessa coperta, ho avvertito  il vuoto che iniziava a riempirmi, che si portava via tutto: la luce dai miei occhi, il sorriso, la dolcezza, la delicatezza, le belle parole, tutto il buono che c'era. I mesi passavano e io non guarivo, non tornavo più, alla fine sono passati anche gli anni e io stessa ho capito che quella persona era morta, adesso ero un'altra. Lei mi guardava e aveva paura perchè non tornavo più, e alla fine si è dovuta rassegnare a volermi bene così rotta com'ero. Il 31 ottobre scrissi la fine sulla mia moleskine senza alcuna pietà, scrissi: oggi il mio cuore si è fermato e ha smesso di amare, non mi fiderò mai più di nessuno. Ho mantenuto la promessa, come se fosse un patto fatto col mio stesso sangue. Per me le promesse sono sempre state sacre, da quando ero bambina e ancora oggi lo sono. All'epoca ero piena di rabbia, perchè ero stata debole, perchè sapevo che non dovevo, ma avevo solo sedici anni e dovevo darmi un'opportunità, una sola di credere che qualcosa di straordinario era possibile. Quell'opportunità me la sono concessa, e si è bruciata, la cenere si è dispersa ovunque e ha sporcato anche la parte pulita che mi era rimasta, ma non mi ha uccisa, mi ha lasciata viva e contaminata. E per certe infezioni non c'è cura, niente che le debelli, si possono solo accettare e considerarle un'anestetico. Le cure sono solo palliative. Ma una cosa in questi sette anni è cambiata, ho smesso di avere rancore, ho perdonato mio padre e ho accettato la sua disfatta, il suo fallimento e la sua resa, l'ho separato dall'idea che nutrivo di lui, e l'ho preso per quello che è, una persona in fondo sciocca e debole. A che serve sparare su una croce rossa?  A niente. A cosa serve odiare? A niente, ti rosicchia l'anima e poi la carne, ti porta via anche le ossa alla fine, ti fa morire. E forse non è sbagliato essere così spezzata se riesco a pagare ancora per tutti i miei sbagli, per tutte le cose che non dico e per quelle che dico prendendo grossi abbagli e grosse mazzate. Ne ho prese tante mazzate, e non mi fanno paura, nemmeno male, il vuoto ha preso tutto, non si allarga più ormai, non ha dove andare, ha coperto tutti gli spazi liberi, e fa parte di me, come un polmone, un rene, come il cervello. Quando il vuoto ti ha preso, niente fa più paura. 


Indossi il vuoto con classe
ma è tutto ciò che avrai

giovedì 24 ottobre 2013

Magari un giorno te lo dico

"Ho amato quella testa una volta e forse la amo ancora. L'ho amata di un amore strano, un amore che non voleva accettarsi, che si respingeva da solo. Un sentimento che si riparava da un altro che non c'era, un sentimento che faceva da scudo. [...] La gente si ama, si ama continuamente. L'ho visto. Le persone sbandierano il loro amore a chiunque, te lo sbattono in faccia con arroganza. Amare qualcuno e avere qualcuno che ti ama è qualcosa che ti rende migliore, una garanzia agli occhi degli altri. Penso che è amore rappreso. E' bigiotteria, non vale niente. E' lucente in superficie, ma dentro è nero, rugginoso, s'inceppa e non funziona. L'amore, quello vero, è quello che la gente nasconde. Quello che rende fragili e cattivi, quello che rende meschini. Quello che rende avidi. Disposti a tutto. L'amore è scuro, vischioso, è il sangue che si addensa e chiude i contorni di una cicatrice. [...] E' muffa, che ti vive addosso mentre tu sei morto. Quello che non vorresti fare vedere a nessuno. L'amore che ti vergogni di provare."
                                                                                            Valentina D'Urbano- Acquanera







Riprendere l'autobus dopo tre anni, non ricordi manco a che ora passa, così esci  venti minuti prima e hai più tempo per osservarti osservare la gente che corre incurante con le macchine, la gente che ti passa davanti e non t'ignora, per vedere chi non vuoi vedere, quella persona a cui col tuo sguardo ricorderai sempre il marchio che si porta addosso, quel marchio che tu stessa per vendicarti gli hai dovuto fare. E finalmente lo capisce dal tuo sguardo spietato, dal tuo viso contratto che non è più il caso nemmeno di accennare un saluto. E non senti niente quando lo guardi, tranne che la pena per te stessa, per aver perso sei anni dietro un'idea molto distante dalla realtà. E può anche provare a passarti davanti tre volte, ormai non ti sconvolge più, ti lascia impassibile e severa, come sempre. La musica del lettore ti tiene compagnia, e prova ad abbattere il muro di silenzio che ti sei costruita da due giorni a questa parte, per scansare quel viso a cui tanto vuoi bene dentro quella prigione piena di flebo. E i pensieri sono talmente tanti dentro la tua testa, che sembra quasi che da un momento all'altro ti potrà scoppiare. Ma sei più forte di loro, sei più forte e lo sai, è questo che ti ha spinto ad alzarti e truccare la tua faccia tanto da mascherare i cerchi neri che hai sotto gli occhi e ad andare a lezione nonostante tutto. E sei forte perchè c'è Lui. C'è Lui che dalla sua distanza, riesce a sfiorarti comunque, riesce ad alleviare il dolore, con poche parole volutamente sfuggenti, ma vere. C'è Lui di cui anche tu non puoi fare a meno, c'è Lui che non sa quanto ti è entrato dentro, quanto ti manca sempre, quanto vorresti sapere tutto quello che gli passa  per la testa, tutto quello che lo rende distrattamente attento e scostante. C'è Lui che ha curato le tue ferite, c'è lui che l'ha fatto da lontano, senza neppure saperlo, c'è lui che ti sfiora e scappa via, come se tu potessi romperti, non capendo che tu sai che lui non farebbe mai niente per fare del male a te, ma preferirebbe farlo a se stesso, come fa sempre, quando pensa di non meritare niente da nessuno, come quando non accetta nulla. Perchè lui è la tua ombra, fa parte di te e non puoi farne a meno, ma lui questo non lo saprà mai.



Coprimi di sogni e di coraggio
portami via da qui
tu capisci bene il mio linguaggio lascia che sia così
che tanto sei la cosa più importante per me.

mercoledì 16 ottobre 2013

Silvia Camagni



Se ne andò di casa un pomeriggio di maggio, lasciando che il sole sbiadisse tutto quello che era stato. Portò con sé gli occhi neri di sua madre, un orologio rotto, la promessa inutile di un indirizzo sbagliato.
Poi in un bar lungo la strada un ragazzo le chiese della sua solitudine della sua testa rasata.
Lei rispose: "Sono la vedova dei vent'anni mai passati, le mie bottiglie sono vuote o sono chiuse, ma la strada è fatta anche per questo e se vuoi ti aspetto."
Si fermarono a dormire in una pensione a due passi dal mare. Lui le offrì il suo corpo glabro e la canzone nella pubblicità di una gomma da masticare; lei gli mostrò una stanza buia proprio in fondo al suo cuore.
"Vorrei invitarti a entrare" gli disse "ma c'è troppa confusione."
Si lasciarono la mattina dopo a un incrocio senza niente da dirsi, giusto un gesto del capo. Si lasciarono come tutte le cose destinate a dividersi, come il mare e la terra, come gli amanti di un'ora.
Silvia, stai attenta, copriti meglio. Conserva l'amore per quando fa freddo. Qualcuno mi ha detto che vivi a Berlino, che esci la sera, che abiti sola. Io ti sogno, ogni tanto, che attraversi
la strada, ti giri e mi gridi: "Fai presto!"
Poi di colpo scompari.

martedì 8 ottobre 2013

Non vai da nessuna parte.



"Metti il bicarbonato su quell'occhio, guarda come ti sei ridotta!" tua madre urla alle sei e mezza di mattina. E a te non importa di come ti sei ridotta l'occhio, di quanto è gonfio, di quanto è rosso, di quanto brucia, secco senza lacrime da versare, distrutto, una pozza lucida pronta ad esplodere dentro le orbite. Sono sempre meno le cose di cui t'importa. Non sai neppure cosa ti ha spinto ieri a fare quel tour negli ospedali e sentirti dire "Fase terminale" è pugnalarti, ucciderti mentre sei ancora in dormiveglia, e quelle parole sono arrivate dritte dentro il petto, l'hanno spaccato in mille pezzi e il rumore di tutto quello che si stava rompendo è stato assordante, come quello di un vaso di cristallo che cade da un piedistallo, uno di quelli che anche quando lo rimetti a posto e lo incolli è inutile perchè non ha più valore, perchè sarà sempre a pezzi. E cerchi la forza in mezzo a un deserto dove non ci sono neppure stampelle per rimetterti in piedi. Distruggi tutto quello che ti circonda, fai volare i libri, i cd, tutto quanto e ti guardi attorno: ecco cosa ti resta. Tutto l'ordine distrutto, perchè è Lei l'ordine, perchè la vedi sdraiata nel tuo letto che ti dice che volendo queste Luci della centrale elettrica non fanno così schifo, perchè la vedi che ti dice che basta adesso di leggere Pessoa, adesso devi studiare, leggiti un po' di contratto no? La senti che ti chiede di spiegarle come decide un giudice nel processo civile per metterti alla prova. La vedi entrare e chiederti di farle compagnia. La vedi  e ti vedi in quel letto ridotta  come una larva senza speranze. Tutti non sanno cosa dire, perchè non esistono parole, perchè non c'è niente di giusto in tutto questo. Perchè la vita e la gente sono uguali, ti scaricano addosso un sacco di pietre, ti portano via qualcosa di te, ti portano via chi ami e poi se ne vanno e ti lasciano lì ad aspettare che arrivi qualcun altro e ti porti via dell'altro. E tu non ci credi a questa bella storia che quando ami qualcuno lo lasci andare, perchè è ipocrita, quando ami qualcuno non lo lasci andare da nessuna parte, lo vuoi accanto a te, ogni giorno, ogni istante, non esiste che non lo vuoi sentire, non esiste che impari ad essere felice senza di lui, non esiste che speri che lui sia felice senza di te. Queste sono favolette, cose per apparire più nobili di quanto non siamo. Quando ami qualcuno lo tieni accanto a te, sempre, nel dolore, nella gioia, nella speranza che muore. Quando ami qualcuno non te ne vai da nessuna parte.



Io ti verrò a cercare quando il buio tenta
Di far risaltare la tua assenza.

domenica 6 ottobre 2013

Non essere schizzinosi



 "La cosa più difficile da accettare nella vita è l'incomunicabilità. Quell'impossibilità di dire esattamente quello che si vuole perchè mancano le parole per dire esattamente ciò che si prova.
Mancano le parole giuste, mancano tutte le parole, anche quelle sbagliate."
                                              Michela Marzano- L'amore è tutto: l'amore è tutto ciò che so dell'amore


                                                                                                                                      Vladimir Kush

Le tre di notte. Era da un anno che non andavi ad una serata, un anno che non toccavi una bevanda contenente in qualche modo alcol e adesso sei lì a rigirarti tra le coperte, ancora con il pigiama estivo nonostante il freddo che comincia a farsi sentire. Ed è una lotta, una lotta con te stessa per addormentarti e non pensare a niente, non pensare a Lei, non pensare a Lui. E vincono loro come sempre. E' una battaglia impari, due contro uno. I giorni passano e non sai se troppo lentamente o troppo velocemente, e il silenzio diventa sempre di più necessario, chiarificatore, liberatorio. Ti vedi più forte, più resistente che mai, sempre più un muro di pietra su cui scivola tutto, difficile da essere abbattuto e ti va bene così, sai che potrebbe essere peggio.  Il numero delle persone di cui imparare a fare a meno si accresce di giorno in giorno, recluta nuovi membri come se fosse una gara a chi si fa arruolare per primo. E vorresti tantissimo sbagliarti, alzarti un giorno e dire: Come sono stata stupida, credevo di vedere mentre avevo ancora gli occhi chiusi. Ma non è così. Quel giorno non arriva mai, non arriva come non arriva il messaggio, la chiamata che aspetti, come non arriva niente di quello su cui riponi anche solo una parvenza di aspettativa. Perchè è appunto l'aspettativa che ti frega sempre, quello che tu immagini degli altri a confronto con quello che gli altri sono. Le parole a cui hai voluto credere e a cui non dovevi credere. Parole, solo parole e fatti tutti opposti. Che senso può avere così? Poi un tuono nel cielo già in tempesta: danno neurologico. E adesso di Lei cosa sta rimanendo, la voce andata via, l'udito pure, e adesso anche il senno, che senso ha vivere così, vivere per soffrire? Che senso ha il fatto che non trovi neppure parole per dire che non è giusto, che le parole vengono fuori solo quando le scrivi. Poi ti guardi attorno, e ti rendi conto che non dirle le cose ti mette al riparo, forse è da vigliacchi questo è vero, ma non ti espone ai colpi d'indifferenza, d'incomprensione che potrebbero essere peggio di un silenzio orgoglioso e ventennale. Alla fine è tutto come il pacchetto di crackers che tieni nella borsa: tutto si è sbriciolato ed è rimasto imprigionato dentro la plastica chiusa ermeticamente, ma tu non sei schizzinosa e se hai fame non lo butti via, lo mangi lo stesso, e anche se è poco, se non ti sfamerà mai del tutto, sarà sempre meglio di un torsolo di mela da cui non puoi prendere più neanche un morso, dato che è stata divorata da qualcun altra.




E' tutto un gioco,
l'esistenza è solo un gioco
E a me non dispiace
per le cose che ho perso
e non cerco più nessuno.

venerdì 4 ottobre 2013

Tu non torni mai



Tu come fai senza di noi
come vivi, come ridi
mi pensi mai, mi cercherai
se ti scrivo mi risponderai come stai
se era un sogno non svegliarmi mai
Ieri un cervo bianco ha sorvolato la città
sbandando per il vento si è fermato qua
aveva grandi occhi come i tuoi, i tuoi, i tuoi
e tu non torni mai
e tu non torni mai
e tu non torni

Aspetterai chi consolerai
quanto tempo ti concederai, dove stai

Oggi un elefante viola ha scritto una poesia
piangendo l'ha stracciata ed è scappato via
aveva grandi occhi come i tuoi, i tuoi, i tuoi
e tu non torni mai

Pensami
se puoi pensarmi
scrivimi
se vuoi parlarmi
guardami
se sai vedermi
toccami
se vuoi cercarmi

lunedì 30 settembre 2013

Io me la cavo, bene.


 E' facile sai, averti se chiudo i miei bei occhietti spenti. 
Afterhours- Pelle





Mal di testa, di prima mattina. Eppure lottando con me stessa stanotte ho dormito, con gli occhi umidi e un peso allo stomaco mi sono addormentata rifiutando di continuare il conteggio delle cose che non ci saranno mai. Perchè alla fine è molto più semplice di quanto non può sembrare, metti in fila i tuoi fantasmi e li fucili, uno per volta, mentre si accalcano e alzano la mano per farsi vedere. Fa parte dell'anestesia di mia madre. E lei predicando bene e razzolando male, ha sempre avuto ragione. Pensi di conoscere una persona, ma non la conosci mai perchè tu vedi solo quello che vuoi vedere, o meglio quello che ti fa bene vedere, notando somiglianze che sono solo specchi per le allodole e alla fine dei conti non sai neppure se sono stati un gesto di furbizia ideato per farti credere che poteva esserci una somiglianza. "Non ti fa male allontanarti?", rispondo che non importa e che ne sono felice perchè è un'altra persona di cui imparerò a fare a meno. E' la paura di perdere le persone che ti frega, la paura che non ci siano più a paralizzarti, ma se esci dalla dipendenza degli affetti, la paura viene meno.Vedi, se tieni una pietra per moltissimo tempo a mollo nell'acqua del mare, inizia a scalfirsi, a far venire fuori la parte interiore fino a poco tempo prima nascosta dalla scorza esterna, e che la pietra lo voglia oppure no, si trova esposta all'acqua del mare. Ma questo dura solo fino a quando è a mollo. Se prendi la pietra, e la lanci sulla spiaggia, la lasci lì sotto il sole, la pietra torna ad essere quella di prima in poco tempo.



It's all wrong.

domenica 29 settembre 2013

Stanza 205





                                                                                       Edvard Munch- Morte della mamma



Sabato pomeriggio. Pochi chilometri, solo quattro, a dispetto dei trentasei di un anno fa. "Devi mettere i calzari e il camice, è in isolamento, puoi entrare solo tu". Il camice ha cambiato colore, non è più azzurro, adesso è verde acqua, verde speranza maledetta, come i calzari, ma quelli sono identici, solo molto più grandi. Stanza 205. Non busso neppure, non ci senti più, da un mese ormai. Qui le stanze non sono bianche sono gialle, i copriletti rosa, sembra quasi una stanza da barbie, che ironia, pensare a una stanza giochi, dentro una clinica convenzionata. E sei lì, una massa indistinta, sorda e adesso anche muta, con un buco sul cuore in cui entrano quattro fili di flebo, e altre due flebo attaccate alle braccia, sembri in croce, come Gesù. E non so che dire, all'inizio neppure capisci che sono entrata, allora mi avvicino e ti scuoto il braccio, tu torni nell'inferno e piangi. Le labbra sono bianche, e ai lati il sangue scorre spavaldo, come se fosse giusto, come se fosse maledettamente normale. Asciugo il sangue con il fazzoletto, e tu raccogli tutto il fiato che resta in quella corda vocale toccata dal mostro che ti è spuntato sul collo, per dire grazie e per scusarti perchè stavolta non ce la farai. E io vorrei tanto piangere, ma piangi tu per tutte e due. Poi ti dico "Oggi vado, mi metto volontaria per farmi tipizzare il midollo osseo, m'iscrivo anche all'avis, perchè voglio donare anche il mio sangue se è buono, per quello che serve", e tu sai solo chiedere "Perchè? Perchè ti devi fare questo?", ti dico solo che lo faccio perchè è giusto così, ma avrei mille altre ragioni da aggiungere. Dovrei dirti che ogni notte per due anni ho pregato che ci fosse un'anima compatibile con te, una che potesse salvarti la vita, dovrei dirti che per due anni ce l'ho avuta con me stessa e con mia madre che ha fatto quella puntura per non farmi ereditare il vostro raro gruppo sanguinio, dovrei dirti che sono stata un'egoista e volevo iscrivermi già da un anno fa solo per aggirare le preclusioni di parentela che non permettevano la verifica della compatibilità tra noi due, dovrei dirti che in due anni ho passato l'inferno insieme a te e che oggi non lo auguro neppure al mio peggiore nemico, dovrei dirti che ho capito che l'unica cosa che m'interessa è sapere che sto facendo la mia parte, perchè qualcuno non soffra come abbiamo sofferto noi. E invece non te lo dico, perchè io non parlo mai, o meglio parlo sempre di tutto tranne che di me, e così mi esce solo un è giusto così. Ti lascio lì in attesa degli altri, in lacrime, dicendoti solo che non si piange perchè se si piange si spreca solo del tempo che ci serve per arrivare prima alla fine, e sono un mostro mentre lo faccio, come sempre. Poche ore dopo nel gazebo compilo i moduli e la mano non trema più come qualche mese fa, scrivo liberamente tutti i dati, tutto quello che mi riguarda con onestà, e dimentico la paura degli aghi, la paura del sangue, la paura dell'anestesia, dimentico tutto quello che mi spaventa, perchè la cosa che mi spaventa di più non è che io posso sentire dolore, ma che lo possano sentire persone come te. E ogni giorno mi scopro ad avere le spalle più larghe di quanto pensavo, ad avere sempre meno bisogno di appoggi, a saper camminare da sola, a buttare via la chiave delle emozioni del mio cuore sempre più lontano, a seppellirla in mezzo ai fatti, in mezzo alla realtà, tra tutte le parole che non dirò mai a nessuno.






sabato 28 settembre 2013

Ti penso raramente



 «Io sono un sognatore; ho vissuto così poco la vita reale che attimi come questi non posso non ripeterli nei sogni. Vi sognerò per tutta la notte, per tutta la settimana, per tutto l’anno. Senz’altro domani ritornerò qui, proprio qui, in questo luogo, e proprio a quest’ora, e sarò felice ricordando l’accaduto».
                                                                                                  Fëdor Dostoevskij, “Le notti bianche”




La notte è il momento peggiore dei tuoi giorni, forse anche peggio delle mattine in cui ti svegli abbracciata a te stessa, come se questo potesse colmare la sua mancanza, che ogni giorno mette radici più profonde, e cosa più preoccupante, reali. Perchè la notte, la riesci a scacciare di meno dai tuoi pensieri, la tua debolezza e la tua forza. E dovresti scegliere per una volta, almeno capire se è forza o debolezza, se è cura e malattia, ma sai dentro di te che l'unico carnefice di te stesso sei tu. Ieri un'amica mi ha detto: "Sai credo sia innamorato di te", e io le ho risposto, che non credevo fosse così, che le cose che stanno nella nostra testa se le moltiplichi per il cuore diventano quasi reali, ma sono un miraggio, proprio come una visione nel deserto. Allora guardi i tuoi libri, nella loro compattezza, nella loro solidità e pensi che lì troverai sempre un po' di te e Lui, un po' di un sogno solo tuo. "Ti penso raramente", già magari provo a convincermene adesso.




Sei diventato un fiore alto e disperato
Perché è il tuo modo di gridar che vorrei
Capita di non farcela
Come quando perdi il tuo uomo
O il tuo cane

Chissà chissà com'è
Se è come me è quasi amore
Chissà chissà com'è
Se è come me è quasi amore

Anche il tuo mondo prima o poi invecchierà
Ora sei il verbo che nessuno userà
Capita di non farcela
E di essere il coltello
Ed insieme la ferita

Chissà chissà com'è
Se è come me è quasi amore
Chissà chissà com'è
Se è come me non ha cuore

venerdì 27 settembre 2013

Basta così





                                           Steve Hank

Parlare, confrontarsi da due età completamente diverse, e trovarsi a dire a qualcuno più grande di noi: ma tu pensi veramente che la gente cambi per te? Che sia sincera quando scrive tutte queste cose? Credi davvero che un bel giorno una persona si sveglia e tu diventi il centro del suo mondo? Non trovi ridicolo attaccarti a un desiderio solo tuo, un desiderio a senso unico. I sentimenti a senso unico non esistono, o se esistono lo fanno per ricordarti che sei sola ed è un problema tuo. Le canzoni, sei sicura che siano per te? Sei sicura che le cose che dice ti riguardano? No che non ne sei sicura e sai perchè? Perchè la gente insicura non sa dare sicurezze, e l'incertezza dell'oggi si domani no, non da niente, da solo castelli d'illusioni pronti a essere spazzati via dal primo soffio di vento. Non esistono vie di mezzo, forse che si forse che no, o è si o è no. E se non ti sta bene, allora ciao, vai più lontano che puoi. La gente che va via non s'insegue, la gente che vuole rimanere resta, ha la pazienza e la voglia di farlo, perchè se vuoi esserci impari a restare e non a farti inseguire, figurati aspettare. La gente che vuole esserci, non ha bisogno di richieste, sa capire cosa fare, come e perchè. Capisce quello che gli dici e se lo scolpisce dentro, così come faresti tu. E se non è così, è stato solo un grosso abbaglio, uno di quelli da cui si esce rimanendo al buio per un po'. Perchè il famoso amore alla fine è questo: è la parola che ti manca, è il coraggio che non c'è, sono le lacrime non scese, è pentirsi, scusarsi anche mille volte, è voltarsi e trovare le proprie spalle coperte, è esserci oppure no. E' sapere che ogni no diventerà un si. E' accettarsi. E' sentire silenzi pieni di parole. E' scegliere il bene dell'altra persona, rinunciando al tuo. E' un'unica scelta in mezzo a un miliardo di possibilità. . E' sentirsi compresi e non giudicati. E'odio a volte. E' distruggersi e rimettersi in piedi per il bene dell'altra persona . E' staccarsi il cuore e metterlo nelle mani di un altro. L'amore infine è anche saper rinunciare a tutte queste cose, è farsi da parte, è essere fantasma. Ma forse il più grande amore che esiste è quello che ti fa dire: adesso basta.





Non c'è torto o ragione
E' il naturale processo di eliminazione.

giovedì 26 settembre 2013

Poesia in forma di canzone



Scusami sono un po' confuso
dopo i trent'anni dicono che sia normale
che succede a tutti
nessuno escluso
e meno male che ho l'istinto e l'abitudine
ad arginare questo vuoto di inquietudine
perché se avessi meno cose per cui correre
dovrei guardare in faccia il buio
farmi raggiungere
Pesano senz'altro i miei trascorsi
sulle rive dell'Arrone
in questo modo di guardarsi da una nuova angolazione
pesa il fatto di non essere coperti dal segnale
e non è niente male
ma non è niente male
Ma c'era lei
c'era lei c'era lei
c'era sempre lei
era sempre lei solo lei
è vero era lei
la mia destinazione
io come un pendolino
verso la sua stazione
era davvero lei
vi sembrerà scontato
ma non si vede un velo
finchè non s'è levato
è vero era lei
tutta la sofferenza
lei era malattia e poi e poi
e poi convalescenza
era soltanto lei
a dare un ritmo al tempo
lei che rubava luce
e regalava vento
E fu per lei che un giorno
si inventò l'inferno
il senso più malato
della parola eterno
si è vero era lei
tutta la sofferenza
lei era malattia e poi e poi
e poi convalescenza
Ed era sempre lei
la mia filosofia l'integralismo puro
la vera ortodossia
e ancora lei la nota
che ho sempre avuto in testa
la bocca disegnata
dalla mia mano destra
E meno male che ho l'istinto e l'abitudine
ad arginare questo vuoto di inquietudine
Dovrei guardare in faccia il buio
farmi raggiungere
Pesano senz'altro i miei trascorsi
sulle rive dell'Arrone
in questo modo di guardarsi
da una nuova angolazione
pesa il fatto di non essere coperti dal segnale
e non è affatto male
non è affatto male
È vero era lei
la mia destinazione
io come un pendolare
dentro la sua stazione