mercoledì 16 ottobre 2013

Silvia Camagni



Se ne andò di casa un pomeriggio di maggio, lasciando che il sole sbiadisse tutto quello che era stato. Portò con sé gli occhi neri di sua madre, un orologio rotto, la promessa inutile di un indirizzo sbagliato.
Poi in un bar lungo la strada un ragazzo le chiese della sua solitudine della sua testa rasata.
Lei rispose: "Sono la vedova dei vent'anni mai passati, le mie bottiglie sono vuote o sono chiuse, ma la strada è fatta anche per questo e se vuoi ti aspetto."
Si fermarono a dormire in una pensione a due passi dal mare. Lui le offrì il suo corpo glabro e la canzone nella pubblicità di una gomma da masticare; lei gli mostrò una stanza buia proprio in fondo al suo cuore.
"Vorrei invitarti a entrare" gli disse "ma c'è troppa confusione."
Si lasciarono la mattina dopo a un incrocio senza niente da dirsi, giusto un gesto del capo. Si lasciarono come tutte le cose destinate a dividersi, come il mare e la terra, come gli amanti di un'ora.
Silvia, stai attenta, copriti meglio. Conserva l'amore per quando fa freddo. Qualcuno mi ha detto che vivi a Berlino, che esci la sera, che abiti sola. Io ti sogno, ogni tanto, che attraversi
la strada, ti giri e mi gridi: "Fai presto!"
Poi di colpo scompari.

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