domenica 21 dicembre 2014

Prima della pioggia


E chissà dov'eri quando pioveva senza sosta
e senza ombrello guardavi immobile la chiesa di Santa Maria Novella
l'avresti dovuta vedere che era come una fotografia sfocata
con l'acqua che le sbatteva addosso
e il campanile come d'un altro tempo già a toccare il cielo, il sereno
insomma ti avrei voluta vedere mentre la guardavi
come in un domino spazio-temporale sotto il temporale.
Potevo essere un gatto e giocare con la mia coda
senza sapere che fosse mia
e camminavo invece per Firenze e avevo la vaga
la vana intuizione di vederti in quasi tutte le pozze che si formavano
come dei vuoti come degli errori proprio davanti ai miei passi.
Camminavo e mi bagnavo e sotto l'acqua ti pensavo e sotto l'acqua ti volevo
almeno ti avessi avuta vicino che ti potevo dire:
Guarda puoi chiudere gli occhi e non vedrai mai più nero
al massimo il marrone, il grigio scuro, il verde bottiglia
te lo dirò quel giorno che davvero ti dirò tutto 
prima della pioggia, prima della rivoluzione.




domenica 7 dicembre 2014

Senza di te tornavo





Senza di te tornavo, come ebbro,
non più capace d'esser solo, a sera
quando le stanche nuvole dileguano
nel buio incerto.
Mille volte son stato così solo
dacché son vivo, e mille uguali sere
m'hanno oscurato agli occhi l'erba, i monti
le campagne, le nuvole.
Solo nel giorno, e poi dentro il silenzio
della fatale sera. Ed ora, ebbro,
torno senza di te, e al mio fianco
c'è solo l'ombra.
E mi sarai lontano mille volte,
e poi, per sempre. Io non so frenare
quest'angoscia che monta dentro al seno;
essere solo.

Pier Paolo Pasolini

domenica 30 novembre 2014

Quelle come me





Quelle come me regalano sogni, anche a costo di rimanerne prive.
Quelle come me donano l'Anima,
perché un'anima da sola è come una goccia d'acqua nel deserto.
Quelle come me tendono la mano ed aiutano a rialzarsi,
pur correndo il rischio di cadere a loro volta.
Quelle come me guardano avanti,
anche se il cuore rimane sempre qualche passo indietro.
Quelle come me cercano un senso all'esistere e, quando lo trovano,
tentano d'insegnarlo a chi sta solo sopravvivendo.
Quelle come me quando amano, amano per sempre.
e quando smettono d'amare è solo perché
piccoli frammenti di essere giacciono inermi nelle mani della vita.
Quelle come me inseguono un sogno
quello di essere amate per ciò che sono
e non per ciò che si vorrebbe fossero.
Quelle come me girano il mondo alla ricerca di quei valori che, ormai,
sono caduti nel dimenticatoio dell'anima.
Quelle come me vorrebbero cambiare,
ma il farlo comporterebbe nascere di nuovo.
Quelle come me urlano in silenzio,
perché la loro voce non si confonda con le lacrime.
Quelle come me sono quelle cui tu riesci sempre a spezzare il cuore,
perché sai che ti lasceranno andare, senza chiederti nulla.
Quelle come me amano troppo, pur sapendo che, in cambio,
non riceveranno altro che briciole.
Quelle come me si cibano di quel poco e su di esso,
purtroppo, fondano la loro esistenza.
Quelle come me passano inosservate,
ma sono le uniche che ti ameranno davvero.
Quelle come me sono quelle che, nell'autunno della tua vita,
rimpiangerai per tutto ciò che avrebbero potuto darti
e che tu non hai voluto.

(Poesia attribuita generalmente ad Alda Merini, anche se in rete hanno smentito tale notizia.)

sabato 22 novembre 2014

Aspettative&aspettare







Come quando cammini sulla sabbia molle e i tuoi passi non lasciano traccia perchè confusi da altra sabbia che colma le tue orme. I posti vuoti del resto sono fatti per essere occupati, non resteranno per sempre vuoti. Ma ci sono posti che svuotati sono destinati a non essere più tali, a perdere la loro dimensione spaziale.
Destinati ad essere forma come quella sul cemento ancora fresco di una strada, non colmabili se non con una nuova passata d'asfalto. Ci vorrebbe una nuova vita, una nuova persona, qualcosa che non può esistere.
Per quanto ti medichi, per quanto vai oltre, per quanto vai avanti, per quanto gli anni passano, per quanto cresci anagraficamente, i marchi restano, quelle impronte sull'asfalto che non se ne vanno più.
Persone che se ne sono andate, ma sono rimaste lì segnate anche quando non volevi, anche quando ti avevano fatto a pezzi e avevano dato quello che restava di te ai cani. Persone che alla fine ritrovi sempre come impronte sull'asfalto su cui cammini. Perchè c'è un nome, perchè un discorso, perchè un libro te le ricorda, o peggio perchè te le ritrovi dietro la porta di casa.
E mi hanno detto: "Il problema è tutto nelle aspettative che nutri".
E ho imparato a non avere aspettative, ma a sapere aspettare.
Ho aspettato senza dire niente, ho osservato tutto quello che mi circondava e che non potevo cambiare io aspettando che si mettesse in riga.
Ma non succedeva niente, anzi tutto precipitava sempre di più e non potevo permetterlo, per quel senso insano e controproducente di giustizia che mi hanno instillato dentro.
Così ho messo i puntini sulle i, e dopo la resa, ancora una volta mi sono alzata per andare verso qualcosa di meglio per me, a dispetto dei giudizi insensati della gente.
A dispetto di tutti quelli che non hanno creduto in me, a dispetto di tutti quelli che mi hanno voltato le spalle, a dispetto di chi ho perdonato e ha sbagliato ancora buttando al vento la fatica che avevo fatto per fidarmi, a dispetto di chi mi ha urlato che sapevo solo piangermi addosso. A dispetto di chi con gli occhi pieni di supplica mi ha chiesto aiuto per mandarmi all'inferno non appena le cose hanno preso pieghe diverse.
A dispetto loro oggi non ho più bisogno, nè di una spalla, nè di un aiuto, nè di un conforto perchè ho imparato a volermi bene e sapermi aiutare.







domenica 16 novembre 2014

In cosa credi

E allora in cosa credi?
Non hai una frase,una data memoria,più duratura di qualsiasi legge.
Credo che scivola e sfugge,e quanto è breve lo capisci alla fine.
E'una sfuriata e non resiste appiglio,e ricomincia tutte le mattine.

martedì 19 agosto 2014

E la colpa rimane


                                                  Di aver speso parole. Di aver taciuto.
                                                  Di aver mentito. Di aver
                                                 dimenticato. Di aver tradito. La colpa,
                                                 di aver speso parole quando
                                            c'era solo da ascoltare, di aver taciuto
                                                  quando invece era necessario
                                                     gridare più forte. La colpa,
                                                  di aver mentito per dimenticare,
                                             di aver dimenticato per non mentire.
                                                 Di aver tradito per amore, per
                                                    vigliaccheria, per stupidità,
                                                     per non soffrire. La colpa,
                                                      di aver barattato il sogno
                                                        per la paura di rischiare
                                                  e di smettere così di continuare
                                                           a sognare. Rimane,
                                                 di aver confessato la sconfitta,
                                               la resa: la semplice impossibilità
                                                  di essere migliore. Rimane
                                              la colpa di lasciarsi invecchiare
                                              di lasciarsi commuovere, ancora.
                                                 Rimane l'inganno, il sangue,
                                                 la croce, il vuoto nascosto
                                                dentro un mucchio di parole
                                         mentre tutto inesorabilmente crolla.
                                                     Ma, rimane l'amore,
                                             nell'immediato. Sopra ogni cosa.
                                                                                                                         

                                                                                                              Paolo Lisi

giovedì 17 luglio 2014

Un destino più che ridicolo



Sono passati quasi otto mesi dalla sua scomparsa, ma ancora oggi i suoi amici chiedono di lei e vogliono sentire la sua "storia". A volte sono tentata di riassumere il tutto con "è stata solo una grande battaglia persa", ma poi sfogo la rabbia che tengo dentro altrove, in genere su me stessa per evitare di scaraventarla addosso a chiunque. La verità è che il tempo passa, lentamente ma passa e io chiudo sempre di più ogni spiraglio di apertura verso l'esterno, rintanandomi verso l'unica cosa che mi da sicurezza: io. Corro sempre come un frecciarossa, senza sapere neppure dove sto andando, se arriverò o se mi spiaccicherò in un muro. Corro e basta, corro per non stare ferma, per non farmi raggiungere dai ricordi, dalle parole. Ma per quanto io scappi la sera quando dopo tutto mi fermo loro vengono ad assalirmi e lì non posso fare a meno di combatterli, e se evito di farlo loro continuano a seguirmi dentro i sogni e lì perdo sempre. Ma perdere alla fine non è neppure così insopportabile o doloroso. C'è di peggio, c'è sempre di peggio. Così me lo ripeto di continuo per pensare che alla fine mi è andata pure bene. Ma nella ripetizione di questo mantra cresce il disprezzo e l'intolleranza verso l'altrui lamentela, verso la debolezza, verso l'inattività. La lamentela gratuita è il male del secolo, l'egoismo che non fa vedere oltre il proprio naso, la mancata considerazione della posizione altrui fa credere di essere i soli ad avere problemi, i soli a soffrire. Ma lo stesso soffrire non è forse un concetto relativo? Una persona che non ha mai avuto alcun problema e si rompe un dito è chiaro che lo vive come un dramma, ma pensa mai che c'è chi ha dovuto vedere che gli amputavano direttamente un arto? No, a nessuno questo pensiero sfiora la mente. Io ho iniziato a chiedermelo, così preferisco tacere non sapendo cos'hanno gli altri. Solo quando so per certo che alla base non c'è niente li fulmino con le parole e spero che almeno imparino l'arte del non vittimizzarsi e del non dare la colpa agli altri dei proprio torti o dei propri piccoli drammi senza valore.


Ne abbiamo attraversate di tempeste
e quante prove antiche e dure
ed un aiuto chiaro da un'invisibile carezza
di un custode.

Degna é la vita di colui che é sveglio
ma ancor di più di chi diventa saggio
e alla Sua gioia poi si ricongiunge
sia Lode, Lode all'Inviolato.

E quanti personaggi inutili ho indossato
io e la mia persona quanti ne ha subiti
arido é l'inferno
sterile la sua via.

Quanti miracoli, disegni e ispirazioni...
E poi la sofferenza che ti rende cieco
nelle cadute c'é il perché della Sua Assenza

le nuvole non possono annientare il Sole
e lo sapeva bene Paganini
che il diavolo é mancino e subdolo
e suona il violino.

lunedì 16 giugno 2014

Ritratto di famiglia con dovute eccezioni

Un esempio tipico della parabola dei parenti serpenti, un quadretto tipico della mia infanzia quando ancora illusoriamente pensavo alla favola della famiglia unita.


TUTTI AL MARE



Tutti al mare, tutti al mare
mamma chiama i bambini per farmi giocare
con loro sul mare ma riesco a fuggire.
e ogni tanto mi accorgo che babbo
si perde a guardare le donne del mare
tutte nude, tutte al mare.

Mamma non vuole comprarmi la noce di cocco
e mi porta a bagnare la testa con l'acqua di mare,
che il sole comincia a scottare.
Poi tira fuori i panini con l'olio e col sale, con la pipì del cane,
buttalo, buttalo in mare,
e sono a sedere sulle ginocchia del mio più forte zio...
quello che a forte dei marmi ha vinto una gara
di tiro al piattello, ed una di ballo liscio
e che oggi è venuto con noi qui al mare
e c'è anche la zia che rimane a guardare

 mentre noi ci tuffiamo nel mare
perché lei dice che oggi il bagno non lo può fare
e nella testa ha la rima micidiale delle canzoni italiane
che sono state scritte tutte sulla riva del mare
tutti al mare, tutti al mare
ad affogarci nel mare,
 tutti al mare, tutti al mare
O AD AFFOGARE QUEI PARENTI NEL MARE. 

Virginiana Miller- Tutti al mare (Gelaterie sconsacrate 1997)


venerdì 23 maggio 2014

Scadenze

                                                                   Sai cosa penso di noi due?
                                          Sbagliamo a voler resistere alle difficoltà e ai cambiamenti.
                                                                                                                               Baustelle- La natura




Per fortuna o per sfortuna si cambia, si prendono distanze da ciò che è altro rispetto a se stessi, si modificano le priorità e ci si disintossica dalle cose e dalle persone che ci avvelenano.
Leggevo in un libro l'altro giorno che vivere senza fidarsi è la scelta più comoda che una persona possa fare, ma non credo che questo sia vero, dover vivere sull'attenti sempre pronti a essere pugnalati alle spalle è l'inferno peggiore che una persona si possa costruire. E' l'inferno che io ho voluto costruirmi.
Credevo a troppe cose, a poche persone pensando che fossero quelle buone, ma ancora una volta mi sono sbagliata. Mangiare diffidenza a tutti i pasti comporta un'indigestione di cui a un certo punto si sceglie di fare a meno per un mero principio di autoconservazione. Mi sono vista combattere a denti stretti contro tutti e tutto e soprattutto contro la mia malinconia. L'ho messa da parte e sono andata oltre, e questo andare oltre è diventato un'abitudine da cui non riesco più a separarmi. Sono andata così oltre, che alla fine non sono più tornata. E non mi manca tutto quello che c'era, tutti quelli che credevo ci fossero, vicini e lontani, la sola che mi manca è lei, l'unica persona per cui riesco ancora a provare qualcosa e a sentirmi viva, nel dolore, esattamente come ad ottobre, ma viva. E non vedo più orizzonti lontani ma solo scadenze, solo cose pratiche, esami da passare, limiti da superare, persone da lasciare stare e sparizioni.


"C'è chi pensa che siamo in viaggio verso la felicità. Per me i viaggi conducono alla consapevolezza di quel che vogliamo. Qualsiasi cosa decidi di essere, sii il prodotto del tuo amore. Il diritto ad essere noi stessi è la meta che ci guadagniamo attraverso quel viaggio. Tutta la vita è un viaggio verso e dentro noi stessi. E la felicità sta tutta nelle gambe del nostro coraggio."

                                                                                                                 Massimo Bisotti- La luna blu




Distance, I'll keep my distance
These things I never seem to mean
So I'll leave the murder scene

Honey, what got broken
Won't go back together again
So I'll leave this while I can 

Nothing to be scared of
My dreams they keep a hold of me
My guide when I can't see

Come, I will be there
I'm sure you're passing the test
I wish you all the best

mercoledì 12 marzo 2014

Ti vendi bene.



È una giornata fredda e luminosa
l'importante è che succeda qualcosa, qualsiasi cosa.
È una notte buia e meravigliosa
L'importante è che succeda qualcosa, qualsiasi cosa.
Una nuova ondata di freddo è attesa
in questa strada che ha il nome di una santa
e in questo aprile che sembra novembre.
Ridono contemporaneamente in due zone diverse
piangono contemporaneamente ma in due zone diverse
e ridono contemporaneamente in due zone diverse
piangono contemporaneamente ma in due zone diverse.
Tre operai, quattro camerieri, cinque studenti, sei nullafacenti,
tra aspirazioni, delusioni e un grande amore qualsiasi.
In terra di santi, di poeti, di navigatori satellitari, di fiori solo dai fiorai.
Goodbye new economy goodbye, goodbye new economy goodbye.

Sei hai una discoteca vuota nell'anima
se senza paura cammini di notte sul ciglio di una strada
bella come una grande città quando la gente è addormentata
agitata come la bandiera scolorita di chi in qualche modo ce la farà
immenso smarrimento immensa libertà.

Bandiera rossa trionferà ma solo sulla costa del mare in tempesta.
Qualcuno gridava "La luna al popolo"
poi la sera fa il rumore di una saracinesca che si abbassa.
E Mozart è a letto con la febbre alta.

Ti vendi bene, tu ti vendi bene, tu ti vendi bene?
Ti vendi bene, tu ti vendi bene, tu ti vendi bene?
Ti vendi bene, tu ti vendi bene, tu ti vendi bene?
Ti vendi bene, tu ti vendi bene, tu ti vendi bene?

venerdì 7 marzo 2014

L'ha presa bene, vero?

Scivola lento il languore spietato di vederti sparire.
Il fumo negli occhi, non ti devo guardare. Dipingo di grigio ogni mio paradiso.
La luce che bussa, ti vengo a cercare, ma tu sei già andata via.
                                                                                                                 Il cile- Tu che avrai di più



"In fondo l'ha presa bene, sta reagendo no?"
Reagire, come si reagisce a un male incurabile, come un malato terminale che si attacca alla vita, perchè non vuole perderla.  E io mi attacco ai ricordi, al fantasma della sua assenza che ogni giorno mi ricorda chi sono anche quando cerco di dimenticarlo. E durante il giorno riempio la mente di tanto altro, per non lasciare che il dolore si espanda e mi tolga il fiato, comprimerlo come una molla pronta a riespandersi al minimo cedimento della barriera del fare che mi costruisco. I mesi passano e siamo già a quattro, ma niente di lei mi passa mai, un'assenza sempre più presente in una beffarda armonia del contrasto. Dicono che esista un momento in cui si è pronti a perdere una persona cara, che ognuno ha i suoi tempi per superare le cose, per imparare a gestirle, ma siamo sicuri che è davvero così? Siamo così certi che tutti funzioniamo allo stesso modo?
Spesso presuntuosamente, ho pensato che non so funzionare come gli altri, che sono come un pianoforte con un tasto rotto, che non consente di produrre suoni lineari, ma solo stonati, discordanti. E non so più neppure se mi dispiace davvero essere un accordo fuori intonazione. Alla fine, anche se stonato, il piano suona lo stesso.


Te ne sei andata docile
tra le mie braccia
nella tua fredda notte
leggera come una rondine stremata
tu che avevi il terrore del vuoto.
Mi piacerebbe ogni tanto averti qui
per mostrarti le cose che ho di te
.

domenica 23 febbraio 2014

Lembi di carne scoperta

 Conosco un posto nel mio cuore dove tira sempre il vento. 
Lucio Dalla- Cara 



Quella sensazione di freddo che sale lungo la schiena inesorabilmente quando si alza una parte della maglietta del pigiama e l'umido delle coperte gelate ti tocca la carne scoperta, è una sensazione che conosco bene. Un brivido che scala la colonna vertebrale e mi riporta a sentimenti conosciuti, da cui non posso fuggire come faccio sempre durante le giornate, che ormai ho imparato a riempire a tappo. So mettere da parte le cose che mi fanno male, ho deposto l'attacco a cui ero solita per lasciare spazio ad un'indifferenza che non conoscevo prima, ad un'indifferenza che non mi appartiene e a forza di lasciare scorrere tutto quello che ho intorno, restando fissa alla terra in modo da non lasciarmi trasportare dalla corrente, sembra quasi che le cose assumano un aspetto diverso,  un valore minore. Era da qualche mese che non riuscivo a sognare più nulla, ma ieri è successo, e non so neppure dire se era un sogno o un incubo. Nel sogno c'era lei all'altro capo del tavolo, dove passo le mie giornate a macinare capitoli su capitoli, era sdraiata su due sedie come se fossero un letto, ma era diversa, cambiata, smagrita, più vecchia di quando è morta e aveva gli occhi aperti ma non parlava, come se fosse vigile ma senza voce. E io correvo e andavo in questo ospedale altissimo con mille ascensori, a cercare il suo dottore per sentirmi dire ancora una volta che lei c'era ancora ma io dovevo smetterla di cercare, dovevo lasciarla stare. Così sconfitta tornavo in quella stanza e l'abbracciavo piangendo. Così mi sono svegliata ancora con le lacrime agli occhi. E questi sono gli unici momenti in cui riesco ancora a sentirmi in qualche modo presente, in qualche modo in grado di sentire qualcosa, qualcosa che non sia apatia per quello che mi circonda.


Il cielo è vuoto, c’è soltanto il sole che acceca la terra e fa esplodere il grano
e noi che intanto bruciamo
Il cielo è vuoto perché aspetta il seme
dei nostri sogni e di quello che faremo
È un mantice il cielo è una strana officina
è Dio che si dimentica di fare tutto il suo lavoro
Si stacca l’anima non fa più rumore
puoi chiudere gli occhi ma non puoi più morire.

lunedì 17 febbraio 2014

Preferisco non dimenticare

 "Tanti piccoli segni, tante prove del fatto che è successo qualcosa fra di loro, l'anno in cui lui è entrato per alcuni mesi dentro la sua vita. E lei è entrata almeno per un poco in quella di lui."




Un pomeriggio di riposo, prima di ripartire, per raggiungere questa benedetta laurea che rappresenta la "svolta" che mi porterà a scegliere se restare o andare via. Restare o andare, ed è tutto ancora da vedere. Prima ero sicura di volermi lasciare alle spalle tutto quanto, compresi i miei affetti a cui ho sempre stentato a credere e tutte le persone che hanno tentato di starmi vicino e che io ho allontanato per la mia naturale diffidenza. Adesso non sono più così sicura. Non è cambiato niente nella mia situazione, oltre il fatto che mia zia adesso non c'è più, gli amici sono rimasti sempre gli stessi, non uno di più, non uno di meno. Anche quelli che credevo di aver perso sono in qualche modo tornati ad occupare il posto che gli avevo riservato. E mi rendo conto oggi che è appunto una questione di spazi, di quelli che ritagli per te, di quelli che risevi agli altri, tutto sta nella misura della proporzione degli spazi. Quando uno spazio resta vuoto, non succede mai che gli altri spazi si allargano e vanno a riempirlo, quello spazio resta sempre vuoto, non ammette sostituti o riempitivi di alcun tipo. E l'errore sta tutto appunto nello stesso pensare che lo spazio sia vuoto, come dice Barnes "il fatto che una persona sia morta, non vuol dire che non esiste", e lei continua ad esistere in un modo che spesso mi atterrisce, in tutti i miei gesti lei c'è, in tutto quello che in qualche modo sento c'è lei, ci sono ancora le sue parole e sono tutto tranne che morte.  
Se ci penso è anche un discorso più ampio: tutte queste persone che in qualche modo mi sono  passate attraverso, mi hanno lasciato qualcosa in qualche modo che neanche io so dire qual'è stato, e poi ognuno è andato per la sua strada, e si è estranei di nuovo, come prima. Ma non c'è niente che è mai "come prima", il prima non esiste di fronte al dopo, e per quanto una persona ridiventi "estranea" non lo sarà mai veramente, ci sarà sempre uno sguardo che s'incrocia e ti fa pensare che quella persona non lo è.  Tutto poi finisce lì, perchè ognuno a suo modo è andato "oltre" o altrove, o con qualcun altro, ma il fatto che in fondo estranei non lo si è, resta sempre. E io penso oggi che tutte le persone che mi si sono avvicinate, che mi abbiano fatto del male, o che io ne abbia fatto a loro, per quanto lontane, distanti e fuori dalla mia vita, non saranno mai estranei davvero, perchè mi ricorderò sempre in qualche modo di loro, perchè non so più raccontarmi la favola del meglio dimenticare. Questo mondo dell'oblio e della dimenticanza, non l'ho mai conosciuto fino adesso, e non credo che potrò avere mai il piacere o il dispiacere di conoscerlo. Io non voglio dimenticare niente e nessuno alla fine, preferisco ricordare tutto di tutti.



Confesso l'ho fatto apposta
nell'intento di ferirti
ti sembrero' alquanto stupida
sicuramente immatura
per tutte quelle volte in cui ho sentito l'istinto di abbracciarti
per tutte quelle volte in cui ho creduto sul serio
di annullarti dalla mia testa
annullarti dalla mia testa
annullarti
il tutto in funzione di nessuna logica
 
Ammetto ero al sicuro
nel mio guscio di carta pesta
ho agito facendo in modo
di non mostrare incoerenza
per tutte quelle volte in cui ho cercato di non assecondarti
per tutte quelle volte in cui ho creduto sul serio
di annullarti dalla mia testa
annullarti dalla mia testa
annullarti
il tutto in funzione di nessuna logica
il tutto in funzione di nessuna logica


sabato 8 febbraio 2014

Persino il dolore più atroce si addomestica

L' incalzare di un treno in corsa,
sui vetri e lampadari accesi nelle stanze dei ricordi,
ho indossato una faccia nuova,
su un vestito da cerimonia
ed ho sepolto il desiderio intrepido di averti affianco,

Allo specchio c'è un altra donna,
nel cui sguardo non v'è paura
com'è preziosa la tua assenza
in questa beata ricorrenza.
 
 


domenica 2 febbraio 2014

Te ne vai, e allora non devi tornare


 "Odio le recriminazioni. Sono come la pioggia invernale che entra dappertutto, anche nel cuore."
Michela Marzano- L'amore è tutto: è tutto ciò che so dell'amore



Ieri ha piovuto per tutto il giorno, e oggi la nebbia sembra stia abbandonando il campo. In questi giorni, penso sempre alla gente che se n'è andata, a chi ti volta le spalle come se niente fosse e semplicemente decide di andare via. Ogni cosa che facciamo è una scelta e una rinuncia: scegli qualcosa e rinunci all'altra.
E fin qui sarebbe tutto normale, se non fosse per il fatto che le persone sentono sempre il bisogno di ritornare in qualche modo, chiedendo scusa e o non facendolo, o peggio scivolando nei discorsi patetici del "ma io non volevo farti male". Non volevi o volevi, che differenza fa dopo averlo fatto? Mica stiamo qua a commisurare la pena, per cui se tu non vuoi io ti faccio lo sconto. Che lo vuoi o no, quando fai male a qualcuno non cambia niente. E non è neanche una questione della logica del "non fare agli altri quello che non vorresti che gli altri facessero a te", è una questione di dannata coerenza. Quando si sceglie di andarsene, non si deve tornare, perchè dietro le giustificazioni del "l'ho fatto anche per te, perchè io sapevo", c'è un "no" perchè tu non sapevi proprio niente, tu mica l'hai fatto per me, l'hai fatto per te, come sempre egoisticamente sperando di poter mettere un tappo a quella coscienza bucata che hai. E a me è successa parecchie volte con diverse persone questa storia del "ritorno", solo che non ho mai permesso a qualcuno di attuare il piano della riparazione del danno fatto, semplicemente perchè non credevo che una persona che se n'era andata una volta, non l'avrebbe più fatto. Si sa, l'uomo è l'essere più recidivo che esista. L'altro giorno mi trovavo in libreria, e involontariamente ho sentito il discorso di un lettore accanito con il commesso, credo parlassero di libri quando il signore dice "Che poi è bella sta storia dell'amore che tutti cercano,  poi lo trovano e che fanno? Se ne vanno perchè hanno paura, ma a che serve cercarlo se sei un vigliacco?", io ho guardato quel tipo in faccia e ho abbassato la testa pensando che mica si è vigliacchi solo con i sentimenti, ma qualsiasi cosa dopo che ce l'hai potenzialmente sei pronto a buttarla via, magari poi te ne penti pure, ma intanto l'hai buttata via. E io mi rendo conto oggi che ammiro quelle persone che sanno tenersi stretto quello che hanno, quelli che non se ne vanno senza sapere quello che stanno facendo, quelli che se ne vanno e non tornano più e sanno che il bene dell'altro sta tutto nel non vederli ritornare mai più. E' chiaro, se non vuoi andartene, non te ne vai, punto. E ripenso oggi a quei pomeriggi interi che mia zia spendeva a convincermi che non era colpa mia se le persone mi voltavano le spalle e se ne andavano, che era solo perchè io li spaventavo e io che ripetevo che non volevo fare paura alle persone,  e pensavo che fosse una cosa brutta. E lei che diceva che non sempre era brutto, che se le persone ti temono forse è anche meglio, perchè sanno che non devono spingersi oltre più di tanto e capita meno che gente che non merita ti possa ferire. Ma io non le credevo mica, pensavo sempre che avevo una colpa di qualche tipo, una parola sbagliata, un atteggiamento che non andava bene, fino a convincermi del fatto che se i ragazzi con cui stavo mi tradivano era di sicuro colpa mia. E più il copione si ripeteva, con la prima, con la seconda persona, con la terza e più mi convincevo che ero proprio sbagliata. Oggi a distanza di anni, mi sto liberando da questa convinzione perversa, e forse è anche la mancanza di mia zia, che mi sta aiutando ad elaborare tutte le colpe che mi sono marchiata a fuoco sulla pelle. Così come costa parecchio togliersi un tatuaggio anche togliersi colpe marchiate e fuoco costa tanto. Costa tutta la consapevolezza che comporta l'ora di rimettersi in piedi da soli, senza sostegni che mi consentano di trovare sempre una spalla su cui piangere, perchè ora non sento più il bisogno nè di piangere nè di trovare la famosa spalla su cui farlo. Ora sto e mi sta bene così. 


Sono stazioni tirreniche al sole
dove passano i treni direttissimi altrove.
E' un palmizio borghese accanto alla vasca vuota dei pesci,
rossi negli occhi.
E' un museo dell'estate, le gelaterie sconsacrate
sono i canarini gialli nella precisione delle finestre.
sono le epoche brusche delle maree da sentire coi piedi
sotto un cielo questo che vedi con gli occhi dei sandali blu.
Tu sei, si sei quello che sei ma comunque sei tanto più di me
e sei, si sei quello che sei ma comunque sei tanto più di me
e allora vai, prendi il treno e vai
che se non te ne vai tanto te ne andrai
e vai, prendi il treno e vai
che se non te ne vai tanto te ne andrai

perchè sei, si sei quello che sei
ma comunque sei tanto più di me
e vai, prendi il treno e vai
che se non te ne vai tanto te ne andrai
verso stazioni tirreniche altrove dove passano i treni
direttissimi al sole ...altrove

mercoledì 29 gennaio 2014

Il coraggio di andare avanti

Fai ciò che devi, non guardare mai giù, perchè sei ciò che vedi e se c'è un senso sei tu. 
                                                                                                                   Afterhours- Carne fresca




In questo periodo non ho moltissima voglia di scrivere o esprimermi in qualche modo, vivo una sorta di stasi interiore che non mi consente di esternare nessun sentimento particolare. Ieri alla fine sono riuscita a lasciarmi quell'esame  che vedevo come una specie di pedaggio da dover pagare, dopo averlo messo da parte tante volte, prima perchè ero distratta da altro, poi perchè non riuscivo a ricominciare da capo qualcosa che mi piaceva ma che avevo iniziato a odiare. Amore e odio, come sempre nelle cose che faccio, nelle persone di cui mi circondo, nessuna mezza misura, non esiste indifferenza, o le amo o le odio. E non so neppure se non riuscire a provare indifferenza sia poi così sbagliato, forse io preferisco essere odiata all'essere indifferente. Preferisco da sempre essere temuta, anzichè in qualche modo voluta. Ora chiunque a questo punto direbbe che è un meccanismo di difesa, per pararmi da un possibile abbandono che non sarei in grado di accettare perchè non voglio restare da sola. E io in questi giorni ho capito meglio che mai, che a me non interessa più di tanto essere sola o in compagnia, dato che anche quando nessun altra persona è con me io non sento il vuoto della solitudine. Ricordo che quand'avevo dieci-undici anni non era così, quando iniziavano le vacanze estive andavo a casa dei miei zii  (che non abitavano ancora sotto casa mia) e passavo con loro tutto il tempo. All'inizio ho fatto amicizia con alcune bambine di quel palazzo,  e ho iniziato a passare del tempo con loro, tra giochi inutili e corse forsennate che sono durate un'estate intera. Mi sentivo felice perchè avevo delle amiche e ancora una volta avevo dimostrato di essere una bambina "solare" (così mi definivano maestre e catechiste) e socievole e tutto andava bene. L'anno dopo le ho cercate di nuovo, solo che loro non erano più come prima, e io pur essendo un anno più grande di loro ero troppo piccola, troppo poco formata per attrarre ragazzini intraprendenti o per parlare di reggiseni. Così presto mi hanno esclusa, e anche quando le cercavo si facevano negare. Allora io mi disperavo giornate intere e perlustravo ogni angolo della casa dei miei zii, oppure torturavo mia zia perchè giocasse a carte con me. Ma anche se mia zia si piegava sempre alle mie richieste io non ero felice lo stesso, a volte piangevo e mi sentivo "diversa". Finchè un giorno mia zia mi ha preso in disparte e mi ha spiegato che la solitudine esiste solo nella misura in cui tu vuoi che lei esista e che ci sono molti modi per non sentirsi mai soli pur non avendo la compagnia di nessuno. Io non la capivo, pensavo che lo dicesse solo per farmi sentire meglio, ma lei passò subito ai fatti. Mi mise un libro tra le mani "Pollyanna" e mi disse "è qua da tempo questo libro, non è bello dimenticarsi delle nostre cose, quindi perchè non provi a leggerlo?". Io iniziai di mala voglia e pensai subito che era un altro modo per farmi studiare, e farmi continuare ad essere la migliore, ma non dissi niente, e provai. Ma mia zia era una donna intelligente e così dopo il libro, insieme a mio zio mi fecero il dono della musica. A casa loro e in macchina c'era sempre musica da ascoltare, dal cantautorato al prog, e io imparavo a memoria qualcosa senza sapere all'epoca che era De Andrè. E allora arrivarono la prima radio a cassette e due musicassette. Io le ascoltai fino alla nausea, interrompendo il tutto solo dalla lettura. Ed era vero, non mi sentivo più sola come prima. Dopo arrivò il suggerimento di scrivere quando ne avevo voglia come mi sentivo e cosa mi passava per la testa. Ma quello ci misi anni a metabolizzarlo, ero troppo diffidente già da allora e non avrei mai voluto che nessuno leggesse delle mie debolezze, così iniziai a scrivere solo quando fui certa di avere un nascondiglio ideale. E ora che sono passati tanti anni e mia zia non c'è più a dirmi queste cose, io mi rendo conto di averle fatte mie così tanto che sono incapace di soffrire la solitudine. E anche per questo devo ringraziarla.  Insegnare a qualcuno, la forza e il coraggio di non abbattersi e andare avanti è il dono più grande che si può fare, e forse il gesto d'amore più vero che esiste oltre che l'unico in cui si può fondatamente credere.


A volte sogno
mentre tutti gli altri ballano
A volte sogno
[...]
Gli stessi suoni immobili
A volte sogno
Così tanti altri nomi
A volte io sogno
A volte sogno...

Charlotte-a-volte piange per se stessa,
Charlotte-a-volte sogna un muro intorno a sè.
Ma sempre con amore
con così tanto amore che sembra
qualsiasi altra cosa

martedì 21 gennaio 2014

Prima persona singolare




"Credo che sia questo a farmi paura: la casualità di tutto. Persone che per te potrebbero essere importanti, ti passano accanto e se ne vanno. E tu fai altrettanto."
Peter Cameron





La presa di posizione è tutta polarizzata nella perdita della seconda persona singolare nello scrivere, così da oggi ritorno in prima persona. Oggi ho cancellato una tizia da facebook, niente di speciale, una vecchia compagna delle scuole medie, di cui in genere non leggo mai nè status nè post, ma oggi me la sono trovata nella home e non ho potuto evitare di leggere il suo splendido poema in cui candidamente affermava di essersi rivolta a Dio dentro una chiesa un anno fa per trovare un ragazzo e oggi a distanza di un anno si sentiva in dovere di ringraziare questo Dio per averle mandato l'amore della sua vita. Io non so se credo o meno a Dio, specialmente dopo tutto quello che ho avuto la sfortuna (o fortuna o un misto delle due) di vedere, ma ho avvertito un impulso quasi di blasfemità, in questa richiesta. Ho pensato, ma siamo seri perchè sei stata mollata da un tipo ti vai a rivolgere a Dio? Così ho cancellato il contatto. E non è stata nè la prima nè l'ultima cancellazione di questo 2014. Premetto che non ho niente contro la gente che crede ancora che l'amore li salverà, che è la soluzione di tutti i problemi, di tutti i mali, che  pensa che "tutto l'universo obbedisce all'amore" ma non riesco più a tollerare adeguatamente richieste così vuote, non le condivido e quindi preferisco dissociarmi anche dalla possibilità di leggerle. C'è stato un tempo, lontano, in cui anch'io credevo in questa forza soprannaturale dell'amore, in quest'idea che mi avrebbe salvata, che avrebbe spaccato a metà le mie paure, che avrebbe risolto i miei problemi, che avrebbe annullato distanze, che avrebbe completato l'incompiuto, qualche volta ho creduto anche che non solo avrebbe salvato me, ma avrebbe salvato tutti prima o poi. Anche quando mia zia era ancora viva io credevo che l'amore che io potevo darle insieme a tutti gli altri, insieme alla medicina l'avrebbe salvata. Poi piano piano, col tempo ho capito che mi sbagliavo enormemente, almeno sul fatto che avrebbe salvato me e lei. Così ho iniziato a prendere le distanze, e ho iniziato a vederlo per quello che è, ossia un supplemento, un extra che può esserci come no, che non ti salva, a volte ti può far stare bene, ma di sicuro non è grazie a lui che vivi. Fino all'anno scorso avevo ancora qualche illusione, ma da quest'anno ho deciso di separarmi anche dalla mie scelte d'illusione. Vedere le cose da lontano, dall'esterno a volte è l'unica soluzione per salvarsi, e non sono gli altri che possono salvarti, l'unica che puoi farlo sei tu. E io mi sono salvata in qualche modo, non solo dagli altri ma anche da me stessa, dall'idea che avevo e che continuavo ostinatamente a nutrire su alcune persone, gente che credevo di conoscere, gente che credevo mi somigliasse solo perchè avevo un disperato bisogno di non sentirmi sola. Ora le cose sono cambiate, perchè non sento più questa solitudine e questa necessità di trovare qualcuno come me. L'unica necessità oggi è quella di smetterla di ostinarmi a inseguire idee che io stessa invento e di cui poi sento la mancanza, e sicuramente quella di tenere lontani i fantasmi che continuano a leggere dentro di me. E oggi la prospettiva cambia, perchè se io ho perso qualcuno anche questo qualcuno ha perso me. Ci si perde, se è destino ci si ritrova, se non lo è si scompare e vuol dire che era giusto così.



Non credo agli altri non cedo ai ricatti
di questo amore in decadenza
vorrei parlarti lo faccio e infatti
per me ha molta importanza
e all'improvviso c'è tanto freddo
senza il calore del tuo corpo fragile
e non pretendo di avere ragione
è alquanto inutile
perché
non reagisco
perché
non mi rialzo
senza di te

Io non mi illudo che tu abbia pazienza
e che tu pianga ancora per me
nel bilancio di quello che manca
non voglio escludere certo anche te
non mi parli da giorni e comprendo
quello che provi dentro poiché
ti ho colpito in centro all'orgoglio
credevo di vincere
che cosa non so

lunedì 20 gennaio 2014

Le prese di posizione

 "Cioran, uomo di grande lucidità. diceva che la vita, più che una corsa verso la morte, è una disperata fuga dalla nascita. Quando veniamo al mondo affrontiamo una sofferenza e un disagio che ci portiamo avanti tutta la vita, quelli di un passaggio traumatico da una situazione conosciuta all'ignoto. Questo è il primo grande disagio. Il secondo, non meno traumatico, è quando ci rendiamo conto che dovremo morire. Per me questa spaventosa consapevolezza è arrivata verso i quattro anni. L'uomo diventa 'grande', diventa spirituale o altro, quando riesce a superare questi disagi senza ignorarli. Ora, se a essi si aggiunge anche l'esercizio della solitudine, ecco che allora forse, a differenza di altri che vivono protetti dal branco, alla fine della tua vita riesci a 'consegnare alla morte una goccia di splendore', come recita quel grande poeta colombiano che è Alvaro Mutis. Se ti opponi, se ti rifiuti di attraversare e superare questi disagi, per sopravvivere ti organizzi affinchè siano altri a occuparsene e deleghi. Questa rinuncia ti toglie dignità, ti toglie vita. Credo che l'uomo, per salvarsi, debba sperimentare l'angoscia della solitudine e dell'emarginazione. La solitudine, come scelta o come costrizione, è un aiuto: ti obbliga a crescere. Questa è la salvezza. "

Fabrizio De Andrè- Una goccia di splendore (autobiografia)





Queste ultime settimane le definiresti "il periodo delle prese di posizione". Tutte le posizioni che non riuscivi a prendere le hai prese tutte in una volta, come se ci fosse qualcuno pronto a spararti se non lo facessi. Ma stavolta non c'era nessun obbligo, nessuna condizione, che dovevi assolvere, era semplicemente un mero riflesso di autoconservazione. E' che arrivi ad un punto in cui dopo esserti distrutta la prima, la seconda e la terza volta e aver ridotto la tua persona in pezzi così piccoli devi in qualche modo iniziare a reincollare tutto il malloppo. E alla fine sembra quasi tutto più facile di sempre, che ti costa continuare a fare come hai sempre fatto? Scappare feriti. La cosa più semplice e più vigliacca del mondo. Ma stavolta non importa se è vigliacca oppure no, perchè stavolta è il collante per i pezzi in cui tu stessa ti sei ridotta. E stasera che il vento batte forte sugli infissi, quasi come se volesse richiamare la tua attenzione, ti rendi conto che niente alla fine è come sembra, che tutto ha un prezzo, le prese di posizione soprattutto. A volte il prezzo è perdere qualcuno, altre perdere un allievo, altre perdere soldi, altre perdere dignità. E tu sei sempre stata disposta a pagare tutti questi prezzi, tranne uno, non hai mai voluto perdere la dignità. Hai perso persone, e ti sono mancate parecchio, forse a volte ti mancano ancora; hai perso allievi a cui ti eri affezionata a cui volevi insegnare quella stessa correttezza che ormai nessuno più insegna; ma la dignità no. Ed è forse la sola cosa, che oggi che ti manca tutto e forse in fondo niente, ti riesce ancora a tenere in piedi. E mentre studi come una forsennata, per superare quello scoglio per cui mille volte a più persone hai chiesto aiuto, oggi che sei da sola davanti a questa croce che hai accantonato per via dei ricordi che racchiude in sè, oggi decidi che non importa più nessun aiuto. Decidi che oggi ci sei tu e sai bastarti.  E saperti bastare, è il modo per scacciare qualsiasi tentennamento, qualsiasi tristezza, qualsiasi curiosità che va oltre ciò che devi sapere. Alla fine non è sempre così necessario "sentire tutto in tutte le maniere"come diceva Pessoa, stavolta preferisci non sentire niente, e non è una costrizione, ma una semplice scelta, una di quelle che magari "si fanno in pochi istanti e si scontano per il tempo restante", ma anche questo perde valore, se pensi che è solo tua.




Non conosce paura l'uomo che salta
e vince sui vetri e spezza bottiglie e ride e sorride,
perchè ferirsi non è impossibile,
morire meno che mai e poi mai.

Insieme visitata è la notte che dicono ha due anime
e un letto e un tetto di capanna utile e dolce
come ombrello teso tra la terra e il cielo.
Lui ti offre la sua ultima carta,
il suo ultimo prezioso tentativo di stupire,
quando dice "È quattro giorni che ti amo,
ti prego, non andare via, non lasciarmi ferito".
E non hai capito ancora come mai,
mi hai lasciato in un minuto tutto quel che hai.
Però stai bene dove stai. Però stai bene dove stai.



domenica 19 gennaio 2014

Hurt



Oggi mi sono ferito da solo,
Per vedere se ero ancora in grado di sentire,
Mi sono concentrato sul dolore,
la sola cosa reale,

l'ago fa un buco
la vecchia familiare puntura
che cerca di eliminare ogni cosa
ma io ricordo tutto,

Cosa sono diventato?
mio dolce amico
tutti quelli conosco
sono andati via alla fine

e potresti avere tutto
il mio impero di fango
Ti abbandonerò
Ti farò star male

Ho portato questa corona di spine
sulla sedia di coloro che mi mentono
pieno di pensieri interrotti
(che) non posso riparare

sotto le macchie del tempo
i sentimenti scompaiono
tu sei qualcun altro
Sono ancora qui

Cosa sono diventato
il mio più caro amico
tutti quelli che conosco
sono andati via alla fine

e potresti averlo tutto
il mio impero di fango
Ti porterò in basso
Ti farò male

Se potessi ricominciare
a un milione di miglia da qui,
mi controllerei,
troverei un modo

giovedì 16 gennaio 2014

L'ultima possibilità


Questa è l'ultima possibilità,
L'ultima occasione per ascoltare la chiamata,
Questo è il momento,
Il momento che aspetta tutti noi.
 
Hai così  tante domande,
che ti frullano dentro la testa

Questa è l'ultima volta, 
l'ultima volta che vedi la mia faccia,
questo è il momento,
l'ultima possibilità per lasciare questo posto.
A volte mi sento come se stessi affondando, 
sto affogando dentro la terra.

Non fare troppe domande,
Non fare troppe domande,
Non fare troppe domande,
Non fare troppe domande
Troppi interrogativi.

Questo è il sentimento,
Il colore che non sai descrivere,
questa è la forma che prende adesso,
e si rivela tanto
hai scaraventato un aereo dentro la mia vita
il sordo suono del silenzio.

Non fare troppe domande,
Non fare troppe domande,
Non fare troppe domande,
Non fare troppe domande
Troppi interrogativi.

Devo tenere entrambi i piedi a terra
Devo tenere entrambi i piedi a terra
Devo tenere entrambi i piedi a terra
.

lunedì 13 gennaio 2014

Come si può


"Il lavoro, ho capito, può essere un utile surrogato della vita, di una vita vissuta come si può. L'amore, il bisogno d'amore, il desiderio, invece, non ammettono sostituti o sostituzioni. Però, Isa, come sanno bene le lettrici dei romanzi rosa che traducevi anni fa, anche se non si dimentica, si va avanti. Così ho fatto. Sono andato avanti, con la sgradevole impressione che tutto quello che mi poteva succedere mi fosse successo e che la vita non mi riservasse più niente di particolare tranne la sua stessa fine. E il risultato, te lo dico sinceramente, è stato che ormai, per quanto senza te, o qualcuno come te, mi senta solo, scontento e deluso, vivo in pace con me stesso e con gli altri. Con me perchè non faccio niente per turbare l'equilibrio che ho faticosamente raggiunto, e con gli altri perchè non m'interessa niente di loro: quelli cui dovevo qualcosa non ci sono più, e dei rimanenti non m'importa proprio nulla."
Federico Roncoroni- Un giorno, altrove





La sera è sempre la stessa storia che si ripete ininterrottamente da mesi: ti metti a letto e non sai come avviene quell'assalto che si concentra nella gola e ti fa scendere mille lacrime, come se queste potessero curarti le ferite. E i pensieri sono sempre troppi per una persona sola, e questo senso di vuoto che ti fa stare male, questo malessere che gli altri chiamano "attacco di panico", tu proprio non riesci a superarlo. E' che questi attacchi di panico, che ti fanno andare il cuore a mille, sono come quei pensieri, quelle persone che ti fanno male e di cui tu non riesci a prevedere l'arrivo, in modo da poterne limitare i danni. I danni, quelli ci sono sempre, a volte di più, altre meno, ma non mancano mai. Un po' credi faccia parte di questa tendenza di vivere come una disadattata alla vita, come qualcuno che si pone sempre ai margini, fuori da tutto quello in cui non riesce a identificarsi, fuori da quello a cui non riesce ad abbassare la testa. E il prezzo di ogni scelta alla fine, sei sempre pronta a pagarlo, è una questione di peso, il peso delle conseguenze che le tue azioni e non azioni portano con se. E la scelta stavolta è stata prenderti cura di te stessa, preoccuparti più di te che del resto del mondo, imparare a vivere come puoi, superando quei limiti evidenti che ti impongono questa malinconia perenne da cui difficilmente riuscirai a guarire. Se non puoi guarire da qualcosa, se non puoi sconfiggerla, e lei non ti ammazza prima, tanto vale allearti con lei ed essere una cosa sola. A volte lottare non serve poi a tanto, a volte basta accettare, accettarsi così rotti come si è, e tentare di andare avanti per come si può.  

Ho giocato a vivere così, bevendo il passato a sorsi brevi
delle poche cose che conosco farò mare pescoso
dove l'esca dei miei ricordi troverà sempre qualcosa,
lascerò quello che non conosco alla curiosità degli altri
ora che la mia dignità è del tutto personale.

Max Gazzè- Del tutto personale


E il treno io l'ho preso e ho fatto bene.

sabato 11 gennaio 2014

Responsabilità

Le cose che ti cambiano tornano e tagliano  come le lame più affilate delle spade bucano  e non sbagliano.
Tiromancino- La distanza




Rincontrare qualcuno dopo otto anni e sentirsi dire di essere cambiati talmente tanto da essere irriconoscibili. Da un lato esserne sorpresi, dall'altro pensare che era prevedibile. Quelle condoglianze che arrivano a distanza di tre mesi, pronte a tagliare di nuovo quel velo sottile di carne che stai cercando di ricostruire. Ma forse sempre meglio di quelle che non sono mai arrivate. I cambiamenti mica li scegli, loro vengono da soli, sono come un uragano, ti mettono sottosopra e dopo ti ritrovi diversa, non sai se migliore o peggiore ma diversa. Quello che molti non capiscono è questa imposizione del cambiamento, che non è l'esercizio del tuo volere, ma semplicemente una condizione che viene e ti devi caricare addosso, volente o nolente, e se questa comporta anche un silenzio sempre più assordante, non puoi fare altro che abbassare la testa e tentare di andare avanti, se questa comporta il diventare passivi, senza reazioni aggressive, se comporta lo snaturarsi lentamente, non ci sono altre soluzioni che accettare,  per quanto tu ti possa ostinare in questa ricerca di alternative inutile. E la mattina ti svegli, sempre un po' paranoica e confusa, e tenti goffamente di pianificare una giornata, con meno lassi di tempo possibili da dedicare al pensiero. Ma tutti questi progetti ogni giorno si rivelano fallimentari e il pensiero è sempre uno: come si potrebbe vivere meglio se ognuno di noi si assumesse le proprie responsabilità, senza giocare ad un continuo scarica barile, senza cercare giustificazioni per le proprie azioni nel mero "ma lo fanno tutti, ma l'ha fatto pure lui". Non c'entra quante persone lo fanno, se tu ferisci qualcuno hai il dovere di sentirti uno schifo per averlo fatto e non serve tentare di pulire la tua coscienza con queste constatazioni inutili del "è una cosa comune", perchè se è comune far male a qualcuno questo non smette mica di essere repellente e ingiusto. E una cosa almeno l'hai capita in questi primi giorni del 2014: che sei stanca di ripulire la coscienza degli altri, che non t'importa più di quante giustificazioni possano trovare, per certe cose non ne esistono, chi è in colpa deve avere il coraggio di assumersela, e non è un problema tuo il doverli sgravare dalla stessa. Per tutte le volte che ti sei sentita in colpa, non hai mai cercato qualcuno che ti ripulisse la coscienza, hai lasciato che il tempo e le tue azioni curassero le ferite per le cose che avevi fatto, perchè uno "scusa, mi dispiace", non basta mai. Le parole non bastano mai.


 E' necessario che io sia coerente con me stesso
per dare il peso giusto e un senso a tutto il resto
ed è importante che non faccia cose in cui non credo
per non confondermi e dover tornare indietro.


mercoledì 8 gennaio 2014

Sapere dove vai


 "Ma perché non funziona tutto come nei film? Perché gli estranei in metropolitana, invece che limitarsi a guardarti, non attaccano bottone dicendoti che hai un sorriso bellissimo? Perché dopo trent’anni, in un café del centro, non rincontri mai la persona per cui hai lottato? Perché le madri fanno fatica a capire i propri figli e i padri ad accettarli? Perché la frase giusta arriva sempre durante il momento sbagliato? Perché non ti capita mai di correre sotto la pioggia, di arrivare davanti al portone di qualcuno, farlo scendere, scusarti e iniziare a parlare a vanvera per poi trovarti labbra a labbra e sentirti dire: ‘non importa, l’importante è che sei qui’? Perché non vieni mai svegliato durante la notte da una voce al telefono che ti dice: ‘non ti ho mai dimenticato’? Se fossimo più coraggiosi, più irrazionali, più combattivi, più estrosi, più sicuri e se fossimo meno orgogliosi, meno vergognosi, meno fragili, sono sicura che non dovremmo pagare nessun biglietto del cinema per vedere persone che fanno e dicono ciò che non abbiamo il coraggio di esternare, per vedere persone che amano come noi non riusciamo, per vedere persone che ci rappresentano, per vedere persone che, fingendo, riescono ad essere più sincere di noi.”
                                                                                           David Grossman- Qualcuno con cui correre





Poche sono le cose in cui credi, ancora meno le persone di cui puoi dire di fidarti. Continua a impressionarti la facilità e la velocità con cui la gente cambia idea, i salti che fanno dalla a alla zeta senza considerare tutte le altre lettere dell'alfabeto. E ogni giorno quello stesso malore ti da la conferma che in qualche modo ancora esisti; quell'organo senza senso che comincia a battere all'impazzata e i polmoni che si svuotano per privarti dell'aria e della possibilità che tu possa proferire parola.  Dicono che sia l'ansia, ed è quasi buffo se è veramente così, sentire qualcosa senza sentirla. Un paradosso: il pagare ex post cose di mesi fa, anche quando tu sai che non c'è niente da saldare. Forse è che in fondo non hai manco voglia di parlare, di dire cose a nessuno, come se ogni giorno quel filo spinato che ti coltivi dentro mette radici più profonde, che bloccano i pensieri prima che essi possano fuoriuscire e arrivare dove non devono. Ansia o no, stare male fa sentire ancora vivi, fa provare qualcosa, anche se non è bello, è già un punto di partenza per smettere di sentirsi un fantasma, senza peso. Forse sono anche i cambiamenti che ti spaventano, questo senso di precarietà che avverti, queste scarse certezze fatte di aria, questi ostacoli da saltare, tutte quelle cose a cui ha sbagliato a credere, tutte quelle cose, persone e situazioni che sono andate perdute, tutte queste corse che fai senza avere una meta. E' davvero così importante correre se non hai una meta? E' giusto pensare di andare senza sapere dove? E ti arriva forte e chiara la risposta: l'essenziale non è andare tanto per andare, correre come un pazzo senza meta, l'importante è sempre sapere dove stai andando, come e perchè lo stai facendo, e sopratutto la persona con cui lo stai facendo e vuoi farlo.


Vivere come volare
ci si può riuscire soltanto poggiando su cose leggere
del resto non si può ignorare
la voce che dice che oltre le stelle
c’è un posto migliore
un giorno qualunque ti viene la voglia
di andare a vedere, di andare a scoprire se è vero
che non sei soltanto una scatola vuota
o l’ultima ruota del carro più grande che c’è
Ma chiedilo a Kurt Cobain
come ci si sente a stare sopra a un piedistallo
e a non cadere
chiedilo a Marilyn
quanto l’apparenza inganna
e quanto ci si può sentire soli
e non provare più niente
non provare più niente
e non avere più niente
da dire
Vivere come nuotare
ci si può riuscire soltanto restando a pelo del mare
d’altronde non si può tacere
la voce che dice che in fondo a quel mare
c’è un mondo migliore
e proprio quel giorno ti viene la voglia
di andare a vedere, di andare a scoprire se è vero
che il senso profondo di tutte le cose
lo puoi ritrovare soltanto guardandoti in fondo
Ma chiedilo a Kurt Cobain
come ci si sente a stare sopra a un piedistallo
e a non cadere
chiedilo a Marilyn
quanto l’apparenza inganna
e quanto ci si può sentire soli
e non provare più niente
non provare più niente
e non avere più niente
da dire
Vivere come sognare
ci si può riuscire spegnendo la luce
e tornando a dormire