lunedì 30 settembre 2013

Io me la cavo, bene.


 E' facile sai, averti se chiudo i miei bei occhietti spenti. 
Afterhours- Pelle





Mal di testa, di prima mattina. Eppure lottando con me stessa stanotte ho dormito, con gli occhi umidi e un peso allo stomaco mi sono addormentata rifiutando di continuare il conteggio delle cose che non ci saranno mai. Perchè alla fine è molto più semplice di quanto non può sembrare, metti in fila i tuoi fantasmi e li fucili, uno per volta, mentre si accalcano e alzano la mano per farsi vedere. Fa parte dell'anestesia di mia madre. E lei predicando bene e razzolando male, ha sempre avuto ragione. Pensi di conoscere una persona, ma non la conosci mai perchè tu vedi solo quello che vuoi vedere, o meglio quello che ti fa bene vedere, notando somiglianze che sono solo specchi per le allodole e alla fine dei conti non sai neppure se sono stati un gesto di furbizia ideato per farti credere che poteva esserci una somiglianza. "Non ti fa male allontanarti?", rispondo che non importa e che ne sono felice perchè è un'altra persona di cui imparerò a fare a meno. E' la paura di perdere le persone che ti frega, la paura che non ci siano più a paralizzarti, ma se esci dalla dipendenza degli affetti, la paura viene meno.Vedi, se tieni una pietra per moltissimo tempo a mollo nell'acqua del mare, inizia a scalfirsi, a far venire fuori la parte interiore fino a poco tempo prima nascosta dalla scorza esterna, e che la pietra lo voglia oppure no, si trova esposta all'acqua del mare. Ma questo dura solo fino a quando è a mollo. Se prendi la pietra, e la lanci sulla spiaggia, la lasci lì sotto il sole, la pietra torna ad essere quella di prima in poco tempo.



It's all wrong.

domenica 29 settembre 2013

Stanza 205





                                                                                       Edvard Munch- Morte della mamma



Sabato pomeriggio. Pochi chilometri, solo quattro, a dispetto dei trentasei di un anno fa. "Devi mettere i calzari e il camice, è in isolamento, puoi entrare solo tu". Il camice ha cambiato colore, non è più azzurro, adesso è verde acqua, verde speranza maledetta, come i calzari, ma quelli sono identici, solo molto più grandi. Stanza 205. Non busso neppure, non ci senti più, da un mese ormai. Qui le stanze non sono bianche sono gialle, i copriletti rosa, sembra quasi una stanza da barbie, che ironia, pensare a una stanza giochi, dentro una clinica convenzionata. E sei lì, una massa indistinta, sorda e adesso anche muta, con un buco sul cuore in cui entrano quattro fili di flebo, e altre due flebo attaccate alle braccia, sembri in croce, come Gesù. E non so che dire, all'inizio neppure capisci che sono entrata, allora mi avvicino e ti scuoto il braccio, tu torni nell'inferno e piangi. Le labbra sono bianche, e ai lati il sangue scorre spavaldo, come se fosse giusto, come se fosse maledettamente normale. Asciugo il sangue con il fazzoletto, e tu raccogli tutto il fiato che resta in quella corda vocale toccata dal mostro che ti è spuntato sul collo, per dire grazie e per scusarti perchè stavolta non ce la farai. E io vorrei tanto piangere, ma piangi tu per tutte e due. Poi ti dico "Oggi vado, mi metto volontaria per farmi tipizzare il midollo osseo, m'iscrivo anche all'avis, perchè voglio donare anche il mio sangue se è buono, per quello che serve", e tu sai solo chiedere "Perchè? Perchè ti devi fare questo?", ti dico solo che lo faccio perchè è giusto così, ma avrei mille altre ragioni da aggiungere. Dovrei dirti che ogni notte per due anni ho pregato che ci fosse un'anima compatibile con te, una che potesse salvarti la vita, dovrei dirti che per due anni ce l'ho avuta con me stessa e con mia madre che ha fatto quella puntura per non farmi ereditare il vostro raro gruppo sanguinio, dovrei dirti che sono stata un'egoista e volevo iscrivermi già da un anno fa solo per aggirare le preclusioni di parentela che non permettevano la verifica della compatibilità tra noi due, dovrei dirti che in due anni ho passato l'inferno insieme a te e che oggi non lo auguro neppure al mio peggiore nemico, dovrei dirti che ho capito che l'unica cosa che m'interessa è sapere che sto facendo la mia parte, perchè qualcuno non soffra come abbiamo sofferto noi. E invece non te lo dico, perchè io non parlo mai, o meglio parlo sempre di tutto tranne che di me, e così mi esce solo un è giusto così. Ti lascio lì in attesa degli altri, in lacrime, dicendoti solo che non si piange perchè se si piange si spreca solo del tempo che ci serve per arrivare prima alla fine, e sono un mostro mentre lo faccio, come sempre. Poche ore dopo nel gazebo compilo i moduli e la mano non trema più come qualche mese fa, scrivo liberamente tutti i dati, tutto quello che mi riguarda con onestà, e dimentico la paura degli aghi, la paura del sangue, la paura dell'anestesia, dimentico tutto quello che mi spaventa, perchè la cosa che mi spaventa di più non è che io posso sentire dolore, ma che lo possano sentire persone come te. E ogni giorno mi scopro ad avere le spalle più larghe di quanto pensavo, ad avere sempre meno bisogno di appoggi, a saper camminare da sola, a buttare via la chiave delle emozioni del mio cuore sempre più lontano, a seppellirla in mezzo ai fatti, in mezzo alla realtà, tra tutte le parole che non dirò mai a nessuno.






sabato 28 settembre 2013

Ti penso raramente



 «Io sono un sognatore; ho vissuto così poco la vita reale che attimi come questi non posso non ripeterli nei sogni. Vi sognerò per tutta la notte, per tutta la settimana, per tutto l’anno. Senz’altro domani ritornerò qui, proprio qui, in questo luogo, e proprio a quest’ora, e sarò felice ricordando l’accaduto».
                                                                                                  Fëdor Dostoevskij, “Le notti bianche”




La notte è il momento peggiore dei tuoi giorni, forse anche peggio delle mattine in cui ti svegli abbracciata a te stessa, come se questo potesse colmare la sua mancanza, che ogni giorno mette radici più profonde, e cosa più preoccupante, reali. Perchè la notte, la riesci a scacciare di meno dai tuoi pensieri, la tua debolezza e la tua forza. E dovresti scegliere per una volta, almeno capire se è forza o debolezza, se è cura e malattia, ma sai dentro di te che l'unico carnefice di te stesso sei tu. Ieri un'amica mi ha detto: "Sai credo sia innamorato di te", e io le ho risposto, che non credevo fosse così, che le cose che stanno nella nostra testa se le moltiplichi per il cuore diventano quasi reali, ma sono un miraggio, proprio come una visione nel deserto. Allora guardi i tuoi libri, nella loro compattezza, nella loro solidità e pensi che lì troverai sempre un po' di te e Lui, un po' di un sogno solo tuo. "Ti penso raramente", già magari provo a convincermene adesso.




Sei diventato un fiore alto e disperato
Perché è il tuo modo di gridar che vorrei
Capita di non farcela
Come quando perdi il tuo uomo
O il tuo cane

Chissà chissà com'è
Se è come me è quasi amore
Chissà chissà com'è
Se è come me è quasi amore

Anche il tuo mondo prima o poi invecchierà
Ora sei il verbo che nessuno userà
Capita di non farcela
E di essere il coltello
Ed insieme la ferita

Chissà chissà com'è
Se è come me è quasi amore
Chissà chissà com'è
Se è come me non ha cuore

venerdì 27 settembre 2013

Basta così





                                           Steve Hank

Parlare, confrontarsi da due età completamente diverse, e trovarsi a dire a qualcuno più grande di noi: ma tu pensi veramente che la gente cambi per te? Che sia sincera quando scrive tutte queste cose? Credi davvero che un bel giorno una persona si sveglia e tu diventi il centro del suo mondo? Non trovi ridicolo attaccarti a un desiderio solo tuo, un desiderio a senso unico. I sentimenti a senso unico non esistono, o se esistono lo fanno per ricordarti che sei sola ed è un problema tuo. Le canzoni, sei sicura che siano per te? Sei sicura che le cose che dice ti riguardano? No che non ne sei sicura e sai perchè? Perchè la gente insicura non sa dare sicurezze, e l'incertezza dell'oggi si domani no, non da niente, da solo castelli d'illusioni pronti a essere spazzati via dal primo soffio di vento. Non esistono vie di mezzo, forse che si forse che no, o è si o è no. E se non ti sta bene, allora ciao, vai più lontano che puoi. La gente che va via non s'insegue, la gente che vuole rimanere resta, ha la pazienza e la voglia di farlo, perchè se vuoi esserci impari a restare e non a farti inseguire, figurati aspettare. La gente che vuole esserci, non ha bisogno di richieste, sa capire cosa fare, come e perchè. Capisce quello che gli dici e se lo scolpisce dentro, così come faresti tu. E se non è così, è stato solo un grosso abbaglio, uno di quelli da cui si esce rimanendo al buio per un po'. Perchè il famoso amore alla fine è questo: è la parola che ti manca, è il coraggio che non c'è, sono le lacrime non scese, è pentirsi, scusarsi anche mille volte, è voltarsi e trovare le proprie spalle coperte, è esserci oppure no. E' sapere che ogni no diventerà un si. E' accettarsi. E' sentire silenzi pieni di parole. E' scegliere il bene dell'altra persona, rinunciando al tuo. E' un'unica scelta in mezzo a un miliardo di possibilità. . E' sentirsi compresi e non giudicati. E'odio a volte. E' distruggersi e rimettersi in piedi per il bene dell'altra persona . E' staccarsi il cuore e metterlo nelle mani di un altro. L'amore infine è anche saper rinunciare a tutte queste cose, è farsi da parte, è essere fantasma. Ma forse il più grande amore che esiste è quello che ti fa dire: adesso basta.





Non c'è torto o ragione
E' il naturale processo di eliminazione.

giovedì 26 settembre 2013

Poesia in forma di canzone



Scusami sono un po' confuso
dopo i trent'anni dicono che sia normale
che succede a tutti
nessuno escluso
e meno male che ho l'istinto e l'abitudine
ad arginare questo vuoto di inquietudine
perché se avessi meno cose per cui correre
dovrei guardare in faccia il buio
farmi raggiungere
Pesano senz'altro i miei trascorsi
sulle rive dell'Arrone
in questo modo di guardarsi da una nuova angolazione
pesa il fatto di non essere coperti dal segnale
e non è niente male
ma non è niente male
Ma c'era lei
c'era lei c'era lei
c'era sempre lei
era sempre lei solo lei
è vero era lei
la mia destinazione
io come un pendolino
verso la sua stazione
era davvero lei
vi sembrerà scontato
ma non si vede un velo
finchè non s'è levato
è vero era lei
tutta la sofferenza
lei era malattia e poi e poi
e poi convalescenza
era soltanto lei
a dare un ritmo al tempo
lei che rubava luce
e regalava vento
E fu per lei che un giorno
si inventò l'inferno
il senso più malato
della parola eterno
si è vero era lei
tutta la sofferenza
lei era malattia e poi e poi
e poi convalescenza
Ed era sempre lei
la mia filosofia l'integralismo puro
la vera ortodossia
e ancora lei la nota
che ho sempre avuto in testa
la bocca disegnata
dalla mia mano destra
E meno male che ho l'istinto e l'abitudine
ad arginare questo vuoto di inquietudine
Dovrei guardare in faccia il buio
farmi raggiungere
Pesano senz'altro i miei trascorsi
sulle rive dell'Arrone
in questo modo di guardarsi
da una nuova angolazione
pesa il fatto di non essere coperti dal segnale
e non è affatto male
non è affatto male
È vero era lei
la mia destinazione
io come un pendolare
dentro la sua stazione

mercoledì 25 settembre 2013

L'importante è alzarsi


 "Ed è qualcosa da cui non puoi scappare il mare. Ma sopratutto il mare ti chiama. Non smette mai, ti entra dentro, ce l'hai addosso è te che vuole. Puoi anche far finta di niente, ma non serve. Continuerà a chiamarti. Senza spiegare nulla, senza dirti dove, ci sarà sempre un mare che ti chiamerà"
                                                                                                                    Alessandro Baricco



 Steve Hanks- Dancing on the shore


Il sole entra prepotente dalle imposte e io mi rifiuto di aprire gli occhi, come se potesse bruciarmeli, fino a quando la carezza sulla guancia di una zampetta pelosa e paffuta mi riporta alla realtà. E sorrido, senza pensarci, dopo giorni, dopo mesi. Dopo tutte le lacrime soppresse, dopo tutte le cose non dette, dopo tutte le parole uccise prima che venissero a contatto con l'aria, riesci ad essere sincera, con tutto, con tutti. E poi la parola di un amico che ti fa uscire dal limbo "Ti attacchi ad uno specchio che a stento regge se stesso su un muro",  e io aggiungo, uno specchio che credevo riflettesse la mia immagine quando invece riflette l'immagine di qualcun altro, lontano anni luce da me, da ciò che sono nel bene e nel male. Perchè non esistono sentimenti a metà, non esistono bugie così vere che stiano in piedi più di qualche tempo. Io non credo alle anime gemelle, non ci ho mai creduto perchè le anime gemelle, se veramente sono tali restano insieme e io non ho mai conosciuto queste famose anime gemelle che non si sono scuoiate vive e non si sono macellate ma solo amate. Semplicemente io non mi fido della gente, e faccio bene. Faccio bene, non perchè ho paura che fidarmi di qualcuno sia correre un rischio che non so correre, ma perchè alla gente non frega niente se ti fa male, non ragiona secondo quello che è bene per gli altri, ma secondo quello che è bene per se stessi. E allora non importa se mi fai a pezzi, se dopo li butti ai cani, perchè io li riprendo lo stesso e li rimetto insieme, come ho sempre fatto, perchè nessuno merita la possibilità di distruggerti e se tu gliela dai hai quanto meno il dovere morale verso te stessa di rimetterti in piedi lo stesso. Non sono perfetta, probabilmente sono veramente un casino, un' accozzaglia di pensieri tristi, contraddittori, un misto di dubbi, di se e ma, ma non sono neanche così pessima o masochista da permettere una discesa a suon di ossa rotta ed ematomi. E' vero il mare mi ossessiona, ma chi mi dice che sei tu? Il mare mi calma, non mi fa a pezzi, mi fa sentire meno sola, mi fa sentire libera anche quando è in tempesta e non ho paura delle onde, non ho paura del fatto che mi respinge a riva perchè io ho ancora le gambe per tornare a dispetto della sua furia. Perchè anche il mare sa tornare, perchè io so tornare, perchè io ho imparato a non andare via e la cosa che mi fa quasi ridere è che io so andare via meglio di chiunque altro, so sparire e lasciare nel silenzio milioni di lettere, centinaia di messaggi, a evitare le persone per strada, a dimenticare tutto in superficie, sono una professionista.
Oggi è un giorno migliore di ieri.




lunedì 23 settembre 2013

Un puzzle






Giorni interi impiegati in un'esasperata corsa ad ostacoli, bypassando ogni forma di pensiero che può venirti in mente, evitando accuratamente d'inciampare e sbucciarti le ginocchia cadendo dentro le buche di quello che ti fa male. E poi una mattina non ci riesci più, cadi e ti rompi una gamba, così rimani spettatore della sfilata di pensieri che stavi evitando, che adesso non arrivano ordinati e uno per volta, ma in massa, come un plotone d'esecuzione pronto a darti il colpo di grazia. Ricordi di quando eri troppo piccola per capire, ma capivi benissimo e le parole rimanevano incise come uno stigma, coma olio bollente che cade sulla carne per farsi tatuaggio. Chiedevo sempre, ero curiosa, volevo capire, e lo faccio ancora, sempre meno però. Mia nonna, mia zia e mia madre, tre donne completamente diverse a cui devo tutto quanto. Mi sembra così assurdo pensare che da mia nonna sono venute fuori due persone opposte in tutto, in passioni, forza, debolezze. Mia madre, mi ha insegnato a non dire, a lasciare che le cose passino, così in silenzio, a lottare solo per affermarmi, per essere qualcuno, per essere la migliore in tutti i campi, a non piangere mai, a sorridere quando mi arriva uno schiaffo in piena faccia, a difendermi anche con i denti quando è necessario. Mia zia invece mi ha insegnato a chiedermi perchè, a non fermarmi davanti alle apparenze, a darmi le risposte da sola, senza elemosinare niente da nessuno, era quella che mi raccontava le fiabe e m'insegnava a convivere con i brutti pensieri, guardandoli dall'alto verso il basso, non lasciando che vincessero loro, ma che vincessi io, era quella che m'invitava a tirare fuori le lacrime, che mi provocava nei punti in cui sentivo più dolore per togliermi dall'anestesia di mia madre. Poi c'era mia nonna, la parola dolce, la richiesta di un bacetto quando io già da allora non sapevo darne di mia spontanea volontà, c'era lei a cui raccontavo tutto, lei che m'insegnava i proverbi, lei che stava con me quando avevo la febbre, lei che lodava e soffriva per la mia intelligenza, per la mia immaginazione senza confini, lei che rispondeva alle domande, lei che si assumeva le responsabilità, lei a cui a sette anni ho chiesto "perchè la mamma non dice mai che gli manca mio papà?" lei che mi ha risposto con gli occhi colpevoli e con le parole "Perchè io non le ho saputo spiegare che non è una vergogna provare sentimenti". Io che rimanevo in silenzio e sentivo per la prima volta quanto il silenzio fosse assordante. Mia nonna che sbagliava, la più saggia che ammetteva i suoi errori, che se ne assumeva la responsabilità, colpevole. E io allora che iniziavo a dirlo che mi mancava mio papà, mia madre che non lo sopportava, e io che piangevo quando lo vedevo andare via, come se quella fosse l'ultima volta che l'avrei visto, vederlo partire all'aereoporto, varcare il check-in sicuro e spavaldo come sempre, era sentire il mio cuore tranciato da un bisturi. Tornavo a casa e trovavo mia nonna, lei che m'insegnava che quando si è tristi c'è un modo per venirne fuori, e io che le chiedevo di insegnarmi, lei che diceva che bastava avere un pensiero felice in cui rifugiarsi, una tana sicura, una persona, una situazione accaduta, ma mai solo pensata, un qualcosa che hai vissuto e che ti ha fatto stare talmente bene che solo pensarla ti tira fuori dal buio della tristezza. E allora io pensavo sempre a quando ero andata al luna park con i miei e mio fratello, a quanti peluche aveva vinto mio papà, a quante papere avevo pescato, a quanto stavo bene, e tutto passava. Oggi a distanza di quindici anni, il mio pensiero felice, è solo una cosa pensata, non vissuta, una cosa che sta tutta nella mia testa, e ho capito perchè mia nonna m'invitava ad attaccarmi a cose già successe, perchè quelle che tu immagini e non hai sono quelle che ti fanno male, sono il tuo pensiero felice e la tua tristezza.
Oggi vedo che sono come loro, come tutte e tre, sono come voleva mia madre, quella che deve vincere, che lotta per il futuro, sono come voleva mia zia, quella che deve sapere il perchè, quella che deve scavare in fondo, sono come mi voleva mia nonna, alla ricerca di un pensiero felice. E sono anche come loro non volevano che fossi, incapace di sorridere quando mi arriva un pugno in faccia, incapace di tirare fuori le lacrime, incapace di provare sentimenti senza vergognarmi di essere una persona debole, incapace di ammettere che una persona mi manca, incapace di farglielo sapere, incapace di farglielo capire. Un puzzle vivente di cinquecento pezzi, a cui mancano gli altri cinquecento per arrivare alla completezza, gli altri cinquecento pezzi che non vogliono far parte di nessun puzzle. Così vince l'orgoglio e mi do alla fuga, la cosa che mi riesce meglio, andare via, senza far rumore, senza dire nulla, lasciando che le cose passino anche se non passano mai, anche se restano qua vicino a me ad accarezzarmi la mano mentre scrivo, a sfiorarmi la mente mentre cerco di scacciarlo via inutilmente, mentre continua a mancarmi, senza che io abbia il coraggio e la forza necessaria ad ammetterlo, senza che io riesca ad ammettere che non potrei sopportare il vederlo accanto ad un'altra persona e avendo la consapevolezza che non saprei neppure fermarlo. La consapevolezza della mia incapacità. E non so cosa mi fa più male oggi, sapere che è Lui il resto del puzzle o sapere che non ne vuole fare parte.



“So bene quanto sia difficile per lui rinunciare alle sue difese, quando ha avuto molti giorni a disposizione per rafforzarle senza la mia presenza. Ma comincio a pensare che lo stesso valga per me.”
                                                                                                         Chiara Gamberale- La zona cieca





Che paura che hai,
che paura che ho di te.
Tutto quello che fai
e che continui a difendere.
Sei vicino e distante,
non ti fidi di niente,
neanche di me.

Non funzionerà mai
se non funziona così com'è
e non migliorerai
se ti ostini ad attendere
come acqua stagnante
non c'è nessuna corrente
dentro di te
(e non ti puoi nascondere)

E complimenti mi hai convinto che l'amore non basta
e così non mi resta
che lasciarti stare
senza nessuno che ti giudica nessuno, intendo, che ti sgrida e si preoccupa.
Sarà senz'altro
tutto molto più leggero,
ma sei sicuro che sia meglio
per davvero?

Volevo esserti di peso,
perché dipendo da te.
E' che l'amore non basta
e tutto quello che resta di te
senza nessuno che mi giudica nessuno, intendo, che mi sgrida e si preoccupa.
sarà senz'altro
tutto molto più leggero
però non credo che sia meglio davvero.
Volevo esserti di peso.
Volevo esserti di peso.


giovedì 19 settembre 2013

Negare, negarsi

 

L'una di notte, la finestra spalancata e un cielo troppo scuro persino per te, pieno di nuvole e senza stelle. Un sonno che continua a suonare il campanello, e tu che ti rifiuti testardo di aprirgli, per non arrenderti. Arrenderti a cosa poi? Alla realtà, alla verità? Non lo sai neppure tu fino in fondo a che punto si può arrivare, qual'è il limite che non devi passare. qual'è quella zona in cui se fai un passo cominciano ad arrivarti una cascata di pietre addosso, come una frana necessaria, voluta, pensata. Vederti cambiare, negarti come se fosse la cosa giusta, come se potesse essere il mio bene, e fare finta di crederci. Fingere che non mi manchi quando ci sono persone che riescono a mancarti per una vita intera. Mettere una distanza fattuale, oltre quella fisica, non potrà mai essere una distanza mentale, abbastanza forte, abbastanza reale. "Non accetto niente da nessuno, nè ora, nè mai", un manifesto, una garanzia, a cui aggiungi per spiegarti da sola il concetto "neppure da te". Una frase piena di negazioni, e tu negati ora che ti continuerà a mancare sempre, come l'aria, come un braccio, come quello che non c'è.






In my head
You tell me things you’ve never said
And I choose to forget
And take the good and leave the rest
Oh, the illusions getting old
And you don’t answer when I call
I would have given you it all
Oh, out of sight out of mind
It doesn’t mean you’re not mine
The feeling goes on and on and on

mercoledì 18 settembre 2013

Spaccacuore



Spengo la TV
e la farfalla appesa cade giù
ah, succede anche a me
è uno dei miei limiti
Io per un niente vado giù
se ci penso mi da i brividi
Me lo dicevi anche tu
dicevi tu
Ti ho mandata via
Sento l’odore della città
non faccio niente, resto chiuso qua
Ecco un altro dei miei limiti
Io non sapevo dirti che
solo a pensarti mi dà i brividi
anche a uno stronzo come me
come me
Ma non pensarmi più
ti ho detto di mirare
L’amore spacca il cuore
Spara! Spara! Spara Amore!
Tu non pensarci più,
che cosa vuoi aspettare?
L’amore spacca il cuore
Spara! Spara! Spara, dritto qui… qui
So chi sono io
anche se non ho letto Freud
So come sono fatto io
ma non riesco a sciogliermi
ed è per questo che son qui
e tu lontana dei chilometri
che dormirai con chi sa chi
adesso lì
Ma non pensarmi più
ti ho detto di mirare
L’amore spacca il cuore
Spara! Spara! Spara, Amore!
Tu non pensarci più
che cosa vuoi aspettare?
L’amore spacca il cuore
Spara! Spara! Spara, dritto qui… qui

lunedì 16 settembre 2013

Ma le parole servono davvero?

 «Se ora le dicevo ‘addio per sempre’ era perché volevo assolutamente che tornasse entro una settimana; se le dicevo ‘sarebbe pericoloso vederti’, era perché volevo rivederla; se le scrivevo: ‘hai avuto ragione, saremmo infelici insieme’, era perché vivere separato da lei mi pareva peggiore della morte».
                                                                                                                  Marcel Proust, “La fuggitiva”





Continua  a piovere, sta tornando il freddo e l'odore di terra bagnata entra prepotente dalla finestra mentre cerchi di riposare le membra, trovare un ristoro dalla tensione che stai scaricando a poco a poco. Un dormiveglia, di desideri, sogni ad occhi aperti, paure che si attanagliano nello stomaco e che cerchi di combattere, con le parole che riescono a calmarti, ma non sai se sono le parole in quanto tali o il gesto di provare a parlare, di abbattere muri di silenzio nonostante le difficoltà. Una strada di pensieri, in cui ci sono molti ostacoli, e ti ritrovi a superarli mentalmente, come se fosse tutto possibile, come se fosse tutto reale, e capisci che è reale perchè ci credi, perchè hai bisogno di crederci.

«Ora penso soltanto alla mia malattia e alla mia salute, e l’una e l’altra, è vero, la prima come la seconda, sei tu».

                                                                                                           Franz Kafka, “Lettere a Milena”



giovedì 12 settembre 2013

Diglielo


Voltare le spalle e sparire. Dissolversi in aria come vapore e non sentire neppure un pò la mancanza di se stessi. Succede, quando non hai il coraggio di ammettere le cose, quando anche la tua stessa ombra ti fa paura perchè pensi che anche lei ti possa lasciare per un'altra o peggio ancora accoltellare e non alle spalle ma guardandoti in faccia e dritto al cuore, quel cuore che molti pensano che neppure hai. Perchè tu sei testa, perchè tu sei ragione senza emozione, perchè tu sei un muro, perchè tu sei forte solo perchè nessuno ti vede appiattita al suolo nell'inutile sforzo di mimetizzarti con il pavimento. Un miliardo di parole spese in forma di canzone, per parlare di te, di quello che ti manca, per non vergognarti di sentire una mancanza che è un vuoto immenso dentro, un vuoto che solo Lui può colmare. Diglielo no? Digli come stanno le cose, che ci sono giorni in cui senti d'impazzire, in cui pensi che vuoi solo scappare via lontano, che aspetti sempre di vederlo arrivare e tirarti fuori da tutto questo. Digli che pensare di perderlo ti chiude i sensi per giorni, digli che anche tu senti le stesse cose, che anche tu hai un maledetto cuore, che non sei la stronza senza emozioni che dici di essere. Digli che per mesi, lo hai osservato nell'ombra della tua paura, che se pensi a un futuro lo vedi solo fatto di voi, e solo per voi, ma che aspetti, aspetti da sempre con la paura che i fantasmi non lo abbandonino mai. Digli che speri che quella Lei sia tu. Diglielo e basta. E invece no, non glielo dici, ti chiudi e te ne vai, sapendo benissimo che anche stavolta non ti fermerà.


 Mi piace sentire la forza di un'ala che si apre
volare lontano
sentirmi rapace, capace di dirti ti amo
aspettiamola insieme l'estate"
e intanto volevo sparire
pensando alle cose che avevo da offrire.

giovedì 5 settembre 2013

Stagioni


“Parlava di libertà e indipendenza eppure era la persona piu’ schiava e dipendente che avessi mai incontrato. L’immagine che aveva di se stesso lo soggiogava e non gli concedeva molti margini per scegliere qualcosa perché davvero lo volesse lui, perché intimamente lo riguardasse.
Lui era destinato a rovinare sempre tutto, era una nullità, uno scarto, era lo zingaro, l’uomo senza possibilità di futuro, senza speranze”

Chiara Gamberale- La zona cieca




Un ciclo circolare, un percorso predefinito, uno standard a cui ci si può solo adattare. E' il naturale corso degli eventi. Sono nata in autunno, la stagione intermedia che alterna caldo e freddo, sole e pioggia. Una stagione instabile. Ci sono giorni in cui sento di poter risolvere tutto, e giorni in cui sento che saranno le cose a risolvere me, definitivamente. Sarebbe più semplice se accettassimo, il dato inevitabile che la gente è come le stagioni, o meglio come la stagione in cui è nata e l'unica cosa che le accomuna tutte è che prima o poi andranno via. Poi torneranno ma non saranno mai uguali, non sarà mai lo stesso autunno, la stessa primavera e via dicendo. Chi è nato nelle stagioni intermedie è più sfortunato degli altri, non riuscendo a mantenere una costanza. Così primavera e autunno, sono le persone peggiori, quelle più distanti, separate da un' altra stagione, eppure complementari, uniche nel potersi capire. Come colmare le distanze? Come riuscire a superare il temporale e lo sconforto, di essere simili e diversi al tempo stesso?


«Quel giorno aveva imparato che si può essere cacciati di casa per troppo amore. E la partenza, qualsiasi partenza per forza, è una ferita che brucia a lungo o sempre, anche se non si vede.»
Carmine Abate- Il bacio del pane




Ho visto fiere rondini
bruciare di passione
volando basse e rapide
ridendo piano
e le ho viste, stanche e affrante
posarsi sul mio balcone
le ho sentite parlare, parlare
tenendosi per mano
Ho paura di cadere
disse la più bella
di scoprire che i miei voli,
son stati di cartone
di scoprire chi ha creato quella stella
che dall'alto osserva tutto
come l'occhio di Didone
la più piccola la ascolta,
ali chiuse, sguardo spento
forse impreparata
ad un tema così amaro
E lei non parla
ed io leggo in volto
il verso del giaguaro
Liberi di vivere
liberi di ascoltare
le illusioni della mente
e dell'anima
liberi dai pensieri
dai riflessi della mente
e dell'anima
liberi di ascoltare
le ragioni dentro al cuore
e dell'anima

E questi giorni in bianco e nero
accartocciati dentro fogli da disegno
dove due colori son bastati per guardare
le foto di famiglia
e lì, ho visto tutti i voli
con le ali irrigidite
come fossili di marmo
ci vorrebbe un vento bagnato
che riempia gli spazi,
lasciati all'agonia dell'infinito
che spenga il bagliore dato a questo sole

mercoledì 4 settembre 2013

La cosa più importante



La cosa più importante non te la dico adesso
ho addosso lo sgomento, di essere troppo o niente!
la mia corona di paure con un diamante di sogni e ciondoli
frantumi di ipotesi appese mi ricordano del vento
un capogiro di gabbiani travolge l'orizzonte
di echi bianchi di mare e scompare..

tu dove vai...la lontananza cerca la sua immensità
nell'abisso tra il piede e la sabbia
dalle mie labbra a quel bacio imminente in cerca di te

canterò passioni e maree che gonfiano gli oceani e i desideri
m'inventerò un'attesa o forse una follia di non voler capire
che non si può capire cos'è un germoglio o una promessa
non ho la convinzione che alla fine delle mie mani
debba comunque cominciare una musica....
perché alla fine della musica rimango solo con le mia mani
e senza musica.

con la corona di paura e il mio diamante di sogni e frantumi di ciondoli
e ipotesi appese per cercare il vento rapidi sbuffi di treni in salita
la sorpresa di gocce di pioggia che cadono fiocco di neve...

tu dove vai la lontananza ignora nostalgie
come l'erba farà con la terra
l'ossessione che porta alla guerra e non porta da te.

canterò.. passioni e maree che gonfiano gli oceani e i desideri
m'inventerò un'attesa o forse una follia di non voler capire
che non ti posso dire la cosa più importante qual'è

lunedì 2 settembre 2013

On air: Stelle buone



Mio amore, ripiegate le labbra
e tornati al colore di prima
guardo fuori ed è l'alba
come fuggono le ore da qui
e ci dobbiamo salutare
c'è un'altra giornata d'amore da preparare

Ho visto solo stelle buone sulla tua pelle
se tornerai domani saprò darti quelle perse
e lascerò che tutto sia sospeso
fino a quando non ci rivedremo

Mio amore
Il tuo cuore è un mare calmo
e non basta una sola notte
per attraversarlo
sono pronta per riaverti ancorato al mio respiro
mentre il sole svanisce
e l'ombra disegna il tuo profilo

Ho visto solo stelle buone sulla tua pelle
se tornerai domani saprò darti quelle perse
lascerò che tutto sia sospeso
fino a quando non ci rivedremo

Ho visto solo stelle buone
Ho visto solo stelle buone
Ho visto solo stelle buone

domenica 1 settembre 2013

Ritornare senza andare via


Quanto pesa quello che siamo? Equello che non abbiamo? 
Chiara Gamberale- Quattro etti d'amore, grazie



Scappare per qualche giorno da tutto e tutti ma soprattutto da se stessi, da quello che manca e non si dice. Ritornare senza essere mai andati via. Riprendere sulle spalle i propri mattoni per portare a spasso l'edificio di pietra che ci si è costruiti. La pioggia è un sottofondo costante e gradito, rompe i silenzi, le parole vuote che dici per riempire le distanze, gli abissi di vuoto, i come stai che non servono a nulla, le bugie di risposta. Le parole che ti vengono fuori non sono mai quelle che vorresti, sono suoni si, ma interpretati sono lontani anni luce da quello che senti. Un vocabolario bilingue ricchissimo di termini in cui manca un'unica espressione, le otto lettere più necessarie: mi manchi. Come se ogni volta che un pensiero sfiora questa espressione si diventa muti, si blocca il fiato e tutti i sensi. E poi? Poi ci si avvicina e si respira, si prende aria in abbondanza, perchè è solo per qualche attimo, ma poi tu lo sai che ci si allontana di nuovo, inizia l'apnea e respiri con l'aria che ti resta, fino a quando non soffochi. In un circolo vizioso e cianotico. 




Cos'è l'immensità?
un vuoto che non ha
niente di simile al profondo
dei tuoi occhi

che dopo la realtà
è un ombra tiepida
mentre dal fondo il cuore
sembra che mi scoppi.

Io che sarei di te i nei,
le vertebre,
ogni riflesso rosso perso tra i capelli.

E solo a pensarti lo sento
che i venti, la polvere, il mondo, l'oceano,
l'idea di un'amore tremendo, tutto è dentro te.

E' come un distacco dal tempo
e l'astratto dio dell'universo
che appare attraverso
quel lampo di sole se guardi me.

Trasloco l'anima
ma è un pò come se qua
l'aria non fosse
che un via vai di tuoi respiri.

Si spera anche così, fiutando pollini
con questa scena in mente
di te che arrivi.

E solo a pensarti lo sento
che i venti, la polvere, il mondo, l'oceano, l'idea di un'amore stupendo, tutto è dentro te.

E' come un distacco dal tempo
e l'astratto dio dell'universo
che appare attraverso
quel lampo di sole se guardi me.

E' come l'edera
che ostacoli non ha
così il mio folle amore sale
ad abbracciare te.