mercoledì 29 gennaio 2014

Il coraggio di andare avanti

Fai ciò che devi, non guardare mai giù, perchè sei ciò che vedi e se c'è un senso sei tu. 
                                                                                                                   Afterhours- Carne fresca




In questo periodo non ho moltissima voglia di scrivere o esprimermi in qualche modo, vivo una sorta di stasi interiore che non mi consente di esternare nessun sentimento particolare. Ieri alla fine sono riuscita a lasciarmi quell'esame  che vedevo come una specie di pedaggio da dover pagare, dopo averlo messo da parte tante volte, prima perchè ero distratta da altro, poi perchè non riuscivo a ricominciare da capo qualcosa che mi piaceva ma che avevo iniziato a odiare. Amore e odio, come sempre nelle cose che faccio, nelle persone di cui mi circondo, nessuna mezza misura, non esiste indifferenza, o le amo o le odio. E non so neppure se non riuscire a provare indifferenza sia poi così sbagliato, forse io preferisco essere odiata all'essere indifferente. Preferisco da sempre essere temuta, anzichè in qualche modo voluta. Ora chiunque a questo punto direbbe che è un meccanismo di difesa, per pararmi da un possibile abbandono che non sarei in grado di accettare perchè non voglio restare da sola. E io in questi giorni ho capito meglio che mai, che a me non interessa più di tanto essere sola o in compagnia, dato che anche quando nessun altra persona è con me io non sento il vuoto della solitudine. Ricordo che quand'avevo dieci-undici anni non era così, quando iniziavano le vacanze estive andavo a casa dei miei zii  (che non abitavano ancora sotto casa mia) e passavo con loro tutto il tempo. All'inizio ho fatto amicizia con alcune bambine di quel palazzo,  e ho iniziato a passare del tempo con loro, tra giochi inutili e corse forsennate che sono durate un'estate intera. Mi sentivo felice perchè avevo delle amiche e ancora una volta avevo dimostrato di essere una bambina "solare" (così mi definivano maestre e catechiste) e socievole e tutto andava bene. L'anno dopo le ho cercate di nuovo, solo che loro non erano più come prima, e io pur essendo un anno più grande di loro ero troppo piccola, troppo poco formata per attrarre ragazzini intraprendenti o per parlare di reggiseni. Così presto mi hanno esclusa, e anche quando le cercavo si facevano negare. Allora io mi disperavo giornate intere e perlustravo ogni angolo della casa dei miei zii, oppure torturavo mia zia perchè giocasse a carte con me. Ma anche se mia zia si piegava sempre alle mie richieste io non ero felice lo stesso, a volte piangevo e mi sentivo "diversa". Finchè un giorno mia zia mi ha preso in disparte e mi ha spiegato che la solitudine esiste solo nella misura in cui tu vuoi che lei esista e che ci sono molti modi per non sentirsi mai soli pur non avendo la compagnia di nessuno. Io non la capivo, pensavo che lo dicesse solo per farmi sentire meglio, ma lei passò subito ai fatti. Mi mise un libro tra le mani "Pollyanna" e mi disse "è qua da tempo questo libro, non è bello dimenticarsi delle nostre cose, quindi perchè non provi a leggerlo?". Io iniziai di mala voglia e pensai subito che era un altro modo per farmi studiare, e farmi continuare ad essere la migliore, ma non dissi niente, e provai. Ma mia zia era una donna intelligente e così dopo il libro, insieme a mio zio mi fecero il dono della musica. A casa loro e in macchina c'era sempre musica da ascoltare, dal cantautorato al prog, e io imparavo a memoria qualcosa senza sapere all'epoca che era De Andrè. E allora arrivarono la prima radio a cassette e due musicassette. Io le ascoltai fino alla nausea, interrompendo il tutto solo dalla lettura. Ed era vero, non mi sentivo più sola come prima. Dopo arrivò il suggerimento di scrivere quando ne avevo voglia come mi sentivo e cosa mi passava per la testa. Ma quello ci misi anni a metabolizzarlo, ero troppo diffidente già da allora e non avrei mai voluto che nessuno leggesse delle mie debolezze, così iniziai a scrivere solo quando fui certa di avere un nascondiglio ideale. E ora che sono passati tanti anni e mia zia non c'è più a dirmi queste cose, io mi rendo conto di averle fatte mie così tanto che sono incapace di soffrire la solitudine. E anche per questo devo ringraziarla.  Insegnare a qualcuno, la forza e il coraggio di non abbattersi e andare avanti è il dono più grande che si può fare, e forse il gesto d'amore più vero che esiste oltre che l'unico in cui si può fondatamente credere.


A volte sogno
mentre tutti gli altri ballano
A volte sogno
[...]
Gli stessi suoni immobili
A volte sogno
Così tanti altri nomi
A volte io sogno
A volte sogno...

Charlotte-a-volte piange per se stessa,
Charlotte-a-volte sogna un muro intorno a sè.
Ma sempre con amore
con così tanto amore che sembra
qualsiasi altra cosa

martedì 21 gennaio 2014

Prima persona singolare




"Credo che sia questo a farmi paura: la casualità di tutto. Persone che per te potrebbero essere importanti, ti passano accanto e se ne vanno. E tu fai altrettanto."
Peter Cameron





La presa di posizione è tutta polarizzata nella perdita della seconda persona singolare nello scrivere, così da oggi ritorno in prima persona. Oggi ho cancellato una tizia da facebook, niente di speciale, una vecchia compagna delle scuole medie, di cui in genere non leggo mai nè status nè post, ma oggi me la sono trovata nella home e non ho potuto evitare di leggere il suo splendido poema in cui candidamente affermava di essersi rivolta a Dio dentro una chiesa un anno fa per trovare un ragazzo e oggi a distanza di un anno si sentiva in dovere di ringraziare questo Dio per averle mandato l'amore della sua vita. Io non so se credo o meno a Dio, specialmente dopo tutto quello che ho avuto la sfortuna (o fortuna o un misto delle due) di vedere, ma ho avvertito un impulso quasi di blasfemità, in questa richiesta. Ho pensato, ma siamo seri perchè sei stata mollata da un tipo ti vai a rivolgere a Dio? Così ho cancellato il contatto. E non è stata nè la prima nè l'ultima cancellazione di questo 2014. Premetto che non ho niente contro la gente che crede ancora che l'amore li salverà, che è la soluzione di tutti i problemi, di tutti i mali, che  pensa che "tutto l'universo obbedisce all'amore" ma non riesco più a tollerare adeguatamente richieste così vuote, non le condivido e quindi preferisco dissociarmi anche dalla possibilità di leggerle. C'è stato un tempo, lontano, in cui anch'io credevo in questa forza soprannaturale dell'amore, in quest'idea che mi avrebbe salvata, che avrebbe spaccato a metà le mie paure, che avrebbe risolto i miei problemi, che avrebbe annullato distanze, che avrebbe completato l'incompiuto, qualche volta ho creduto anche che non solo avrebbe salvato me, ma avrebbe salvato tutti prima o poi. Anche quando mia zia era ancora viva io credevo che l'amore che io potevo darle insieme a tutti gli altri, insieme alla medicina l'avrebbe salvata. Poi piano piano, col tempo ho capito che mi sbagliavo enormemente, almeno sul fatto che avrebbe salvato me e lei. Così ho iniziato a prendere le distanze, e ho iniziato a vederlo per quello che è, ossia un supplemento, un extra che può esserci come no, che non ti salva, a volte ti può far stare bene, ma di sicuro non è grazie a lui che vivi. Fino all'anno scorso avevo ancora qualche illusione, ma da quest'anno ho deciso di separarmi anche dalla mie scelte d'illusione. Vedere le cose da lontano, dall'esterno a volte è l'unica soluzione per salvarsi, e non sono gli altri che possono salvarti, l'unica che puoi farlo sei tu. E io mi sono salvata in qualche modo, non solo dagli altri ma anche da me stessa, dall'idea che avevo e che continuavo ostinatamente a nutrire su alcune persone, gente che credevo di conoscere, gente che credevo mi somigliasse solo perchè avevo un disperato bisogno di non sentirmi sola. Ora le cose sono cambiate, perchè non sento più questa solitudine e questa necessità di trovare qualcuno come me. L'unica necessità oggi è quella di smetterla di ostinarmi a inseguire idee che io stessa invento e di cui poi sento la mancanza, e sicuramente quella di tenere lontani i fantasmi che continuano a leggere dentro di me. E oggi la prospettiva cambia, perchè se io ho perso qualcuno anche questo qualcuno ha perso me. Ci si perde, se è destino ci si ritrova, se non lo è si scompare e vuol dire che era giusto così.



Non credo agli altri non cedo ai ricatti
di questo amore in decadenza
vorrei parlarti lo faccio e infatti
per me ha molta importanza
e all'improvviso c'è tanto freddo
senza il calore del tuo corpo fragile
e non pretendo di avere ragione
è alquanto inutile
perché
non reagisco
perché
non mi rialzo
senza di te

Io non mi illudo che tu abbia pazienza
e che tu pianga ancora per me
nel bilancio di quello che manca
non voglio escludere certo anche te
non mi parli da giorni e comprendo
quello che provi dentro poiché
ti ho colpito in centro all'orgoglio
credevo di vincere
che cosa non so

lunedì 20 gennaio 2014

Le prese di posizione

 "Cioran, uomo di grande lucidità. diceva che la vita, più che una corsa verso la morte, è una disperata fuga dalla nascita. Quando veniamo al mondo affrontiamo una sofferenza e un disagio che ci portiamo avanti tutta la vita, quelli di un passaggio traumatico da una situazione conosciuta all'ignoto. Questo è il primo grande disagio. Il secondo, non meno traumatico, è quando ci rendiamo conto che dovremo morire. Per me questa spaventosa consapevolezza è arrivata verso i quattro anni. L'uomo diventa 'grande', diventa spirituale o altro, quando riesce a superare questi disagi senza ignorarli. Ora, se a essi si aggiunge anche l'esercizio della solitudine, ecco che allora forse, a differenza di altri che vivono protetti dal branco, alla fine della tua vita riesci a 'consegnare alla morte una goccia di splendore', come recita quel grande poeta colombiano che è Alvaro Mutis. Se ti opponi, se ti rifiuti di attraversare e superare questi disagi, per sopravvivere ti organizzi affinchè siano altri a occuparsene e deleghi. Questa rinuncia ti toglie dignità, ti toglie vita. Credo che l'uomo, per salvarsi, debba sperimentare l'angoscia della solitudine e dell'emarginazione. La solitudine, come scelta o come costrizione, è un aiuto: ti obbliga a crescere. Questa è la salvezza. "

Fabrizio De Andrè- Una goccia di splendore (autobiografia)





Queste ultime settimane le definiresti "il periodo delle prese di posizione". Tutte le posizioni che non riuscivi a prendere le hai prese tutte in una volta, come se ci fosse qualcuno pronto a spararti se non lo facessi. Ma stavolta non c'era nessun obbligo, nessuna condizione, che dovevi assolvere, era semplicemente un mero riflesso di autoconservazione. E' che arrivi ad un punto in cui dopo esserti distrutta la prima, la seconda e la terza volta e aver ridotto la tua persona in pezzi così piccoli devi in qualche modo iniziare a reincollare tutto il malloppo. E alla fine sembra quasi tutto più facile di sempre, che ti costa continuare a fare come hai sempre fatto? Scappare feriti. La cosa più semplice e più vigliacca del mondo. Ma stavolta non importa se è vigliacca oppure no, perchè stavolta è il collante per i pezzi in cui tu stessa ti sei ridotta. E stasera che il vento batte forte sugli infissi, quasi come se volesse richiamare la tua attenzione, ti rendi conto che niente alla fine è come sembra, che tutto ha un prezzo, le prese di posizione soprattutto. A volte il prezzo è perdere qualcuno, altre perdere un allievo, altre perdere soldi, altre perdere dignità. E tu sei sempre stata disposta a pagare tutti questi prezzi, tranne uno, non hai mai voluto perdere la dignità. Hai perso persone, e ti sono mancate parecchio, forse a volte ti mancano ancora; hai perso allievi a cui ti eri affezionata a cui volevi insegnare quella stessa correttezza che ormai nessuno più insegna; ma la dignità no. Ed è forse la sola cosa, che oggi che ti manca tutto e forse in fondo niente, ti riesce ancora a tenere in piedi. E mentre studi come una forsennata, per superare quello scoglio per cui mille volte a più persone hai chiesto aiuto, oggi che sei da sola davanti a questa croce che hai accantonato per via dei ricordi che racchiude in sè, oggi decidi che non importa più nessun aiuto. Decidi che oggi ci sei tu e sai bastarti.  E saperti bastare, è il modo per scacciare qualsiasi tentennamento, qualsiasi tristezza, qualsiasi curiosità che va oltre ciò che devi sapere. Alla fine non è sempre così necessario "sentire tutto in tutte le maniere"come diceva Pessoa, stavolta preferisci non sentire niente, e non è una costrizione, ma una semplice scelta, una di quelle che magari "si fanno in pochi istanti e si scontano per il tempo restante", ma anche questo perde valore, se pensi che è solo tua.




Non conosce paura l'uomo che salta
e vince sui vetri e spezza bottiglie e ride e sorride,
perchè ferirsi non è impossibile,
morire meno che mai e poi mai.

Insieme visitata è la notte che dicono ha due anime
e un letto e un tetto di capanna utile e dolce
come ombrello teso tra la terra e il cielo.
Lui ti offre la sua ultima carta,
il suo ultimo prezioso tentativo di stupire,
quando dice "È quattro giorni che ti amo,
ti prego, non andare via, non lasciarmi ferito".
E non hai capito ancora come mai,
mi hai lasciato in un minuto tutto quel che hai.
Però stai bene dove stai. Però stai bene dove stai.



domenica 19 gennaio 2014

Hurt



Oggi mi sono ferito da solo,
Per vedere se ero ancora in grado di sentire,
Mi sono concentrato sul dolore,
la sola cosa reale,

l'ago fa un buco
la vecchia familiare puntura
che cerca di eliminare ogni cosa
ma io ricordo tutto,

Cosa sono diventato?
mio dolce amico
tutti quelli conosco
sono andati via alla fine

e potresti avere tutto
il mio impero di fango
Ti abbandonerò
Ti farò star male

Ho portato questa corona di spine
sulla sedia di coloro che mi mentono
pieno di pensieri interrotti
(che) non posso riparare

sotto le macchie del tempo
i sentimenti scompaiono
tu sei qualcun altro
Sono ancora qui

Cosa sono diventato
il mio più caro amico
tutti quelli che conosco
sono andati via alla fine

e potresti averlo tutto
il mio impero di fango
Ti porterò in basso
Ti farò male

Se potessi ricominciare
a un milione di miglia da qui,
mi controllerei,
troverei un modo

giovedì 16 gennaio 2014

L'ultima possibilità


Questa è l'ultima possibilità,
L'ultima occasione per ascoltare la chiamata,
Questo è il momento,
Il momento che aspetta tutti noi.
 
Hai così  tante domande,
che ti frullano dentro la testa

Questa è l'ultima volta, 
l'ultima volta che vedi la mia faccia,
questo è il momento,
l'ultima possibilità per lasciare questo posto.
A volte mi sento come se stessi affondando, 
sto affogando dentro la terra.

Non fare troppe domande,
Non fare troppe domande,
Non fare troppe domande,
Non fare troppe domande
Troppi interrogativi.

Questo è il sentimento,
Il colore che non sai descrivere,
questa è la forma che prende adesso,
e si rivela tanto
hai scaraventato un aereo dentro la mia vita
il sordo suono del silenzio.

Non fare troppe domande,
Non fare troppe domande,
Non fare troppe domande,
Non fare troppe domande
Troppi interrogativi.

Devo tenere entrambi i piedi a terra
Devo tenere entrambi i piedi a terra
Devo tenere entrambi i piedi a terra
.

lunedì 13 gennaio 2014

Come si può


"Il lavoro, ho capito, può essere un utile surrogato della vita, di una vita vissuta come si può. L'amore, il bisogno d'amore, il desiderio, invece, non ammettono sostituti o sostituzioni. Però, Isa, come sanno bene le lettrici dei romanzi rosa che traducevi anni fa, anche se non si dimentica, si va avanti. Così ho fatto. Sono andato avanti, con la sgradevole impressione che tutto quello che mi poteva succedere mi fosse successo e che la vita non mi riservasse più niente di particolare tranne la sua stessa fine. E il risultato, te lo dico sinceramente, è stato che ormai, per quanto senza te, o qualcuno come te, mi senta solo, scontento e deluso, vivo in pace con me stesso e con gli altri. Con me perchè non faccio niente per turbare l'equilibrio che ho faticosamente raggiunto, e con gli altri perchè non m'interessa niente di loro: quelli cui dovevo qualcosa non ci sono più, e dei rimanenti non m'importa proprio nulla."
Federico Roncoroni- Un giorno, altrove





La sera è sempre la stessa storia che si ripete ininterrottamente da mesi: ti metti a letto e non sai come avviene quell'assalto che si concentra nella gola e ti fa scendere mille lacrime, come se queste potessero curarti le ferite. E i pensieri sono sempre troppi per una persona sola, e questo senso di vuoto che ti fa stare male, questo malessere che gli altri chiamano "attacco di panico", tu proprio non riesci a superarlo. E' che questi attacchi di panico, che ti fanno andare il cuore a mille, sono come quei pensieri, quelle persone che ti fanno male e di cui tu non riesci a prevedere l'arrivo, in modo da poterne limitare i danni. I danni, quelli ci sono sempre, a volte di più, altre meno, ma non mancano mai. Un po' credi faccia parte di questa tendenza di vivere come una disadattata alla vita, come qualcuno che si pone sempre ai margini, fuori da tutto quello in cui non riesce a identificarsi, fuori da quello a cui non riesce ad abbassare la testa. E il prezzo di ogni scelta alla fine, sei sempre pronta a pagarlo, è una questione di peso, il peso delle conseguenze che le tue azioni e non azioni portano con se. E la scelta stavolta è stata prenderti cura di te stessa, preoccuparti più di te che del resto del mondo, imparare a vivere come puoi, superando quei limiti evidenti che ti impongono questa malinconia perenne da cui difficilmente riuscirai a guarire. Se non puoi guarire da qualcosa, se non puoi sconfiggerla, e lei non ti ammazza prima, tanto vale allearti con lei ed essere una cosa sola. A volte lottare non serve poi a tanto, a volte basta accettare, accettarsi così rotti come si è, e tentare di andare avanti per come si può.  

Ho giocato a vivere così, bevendo il passato a sorsi brevi
delle poche cose che conosco farò mare pescoso
dove l'esca dei miei ricordi troverà sempre qualcosa,
lascerò quello che non conosco alla curiosità degli altri
ora che la mia dignità è del tutto personale.

Max Gazzè- Del tutto personale


E il treno io l'ho preso e ho fatto bene.

sabato 11 gennaio 2014

Responsabilità

Le cose che ti cambiano tornano e tagliano  come le lame più affilate delle spade bucano  e non sbagliano.
Tiromancino- La distanza




Rincontrare qualcuno dopo otto anni e sentirsi dire di essere cambiati talmente tanto da essere irriconoscibili. Da un lato esserne sorpresi, dall'altro pensare che era prevedibile. Quelle condoglianze che arrivano a distanza di tre mesi, pronte a tagliare di nuovo quel velo sottile di carne che stai cercando di ricostruire. Ma forse sempre meglio di quelle che non sono mai arrivate. I cambiamenti mica li scegli, loro vengono da soli, sono come un uragano, ti mettono sottosopra e dopo ti ritrovi diversa, non sai se migliore o peggiore ma diversa. Quello che molti non capiscono è questa imposizione del cambiamento, che non è l'esercizio del tuo volere, ma semplicemente una condizione che viene e ti devi caricare addosso, volente o nolente, e se questa comporta anche un silenzio sempre più assordante, non puoi fare altro che abbassare la testa e tentare di andare avanti, se questa comporta il diventare passivi, senza reazioni aggressive, se comporta lo snaturarsi lentamente, non ci sono altre soluzioni che accettare,  per quanto tu ti possa ostinare in questa ricerca di alternative inutile. E la mattina ti svegli, sempre un po' paranoica e confusa, e tenti goffamente di pianificare una giornata, con meno lassi di tempo possibili da dedicare al pensiero. Ma tutti questi progetti ogni giorno si rivelano fallimentari e il pensiero è sempre uno: come si potrebbe vivere meglio se ognuno di noi si assumesse le proprie responsabilità, senza giocare ad un continuo scarica barile, senza cercare giustificazioni per le proprie azioni nel mero "ma lo fanno tutti, ma l'ha fatto pure lui". Non c'entra quante persone lo fanno, se tu ferisci qualcuno hai il dovere di sentirti uno schifo per averlo fatto e non serve tentare di pulire la tua coscienza con queste constatazioni inutili del "è una cosa comune", perchè se è comune far male a qualcuno questo non smette mica di essere repellente e ingiusto. E una cosa almeno l'hai capita in questi primi giorni del 2014: che sei stanca di ripulire la coscienza degli altri, che non t'importa più di quante giustificazioni possano trovare, per certe cose non ne esistono, chi è in colpa deve avere il coraggio di assumersela, e non è un problema tuo il doverli sgravare dalla stessa. Per tutte le volte che ti sei sentita in colpa, non hai mai cercato qualcuno che ti ripulisse la coscienza, hai lasciato che il tempo e le tue azioni curassero le ferite per le cose che avevi fatto, perchè uno "scusa, mi dispiace", non basta mai. Le parole non bastano mai.


 E' necessario che io sia coerente con me stesso
per dare il peso giusto e un senso a tutto il resto
ed è importante che non faccia cose in cui non credo
per non confondermi e dover tornare indietro.


mercoledì 8 gennaio 2014

Sapere dove vai


 "Ma perché non funziona tutto come nei film? Perché gli estranei in metropolitana, invece che limitarsi a guardarti, non attaccano bottone dicendoti che hai un sorriso bellissimo? Perché dopo trent’anni, in un café del centro, non rincontri mai la persona per cui hai lottato? Perché le madri fanno fatica a capire i propri figli e i padri ad accettarli? Perché la frase giusta arriva sempre durante il momento sbagliato? Perché non ti capita mai di correre sotto la pioggia, di arrivare davanti al portone di qualcuno, farlo scendere, scusarti e iniziare a parlare a vanvera per poi trovarti labbra a labbra e sentirti dire: ‘non importa, l’importante è che sei qui’? Perché non vieni mai svegliato durante la notte da una voce al telefono che ti dice: ‘non ti ho mai dimenticato’? Se fossimo più coraggiosi, più irrazionali, più combattivi, più estrosi, più sicuri e se fossimo meno orgogliosi, meno vergognosi, meno fragili, sono sicura che non dovremmo pagare nessun biglietto del cinema per vedere persone che fanno e dicono ciò che non abbiamo il coraggio di esternare, per vedere persone che amano come noi non riusciamo, per vedere persone che ci rappresentano, per vedere persone che, fingendo, riescono ad essere più sincere di noi.”
                                                                                           David Grossman- Qualcuno con cui correre





Poche sono le cose in cui credi, ancora meno le persone di cui puoi dire di fidarti. Continua a impressionarti la facilità e la velocità con cui la gente cambia idea, i salti che fanno dalla a alla zeta senza considerare tutte le altre lettere dell'alfabeto. E ogni giorno quello stesso malore ti da la conferma che in qualche modo ancora esisti; quell'organo senza senso che comincia a battere all'impazzata e i polmoni che si svuotano per privarti dell'aria e della possibilità che tu possa proferire parola.  Dicono che sia l'ansia, ed è quasi buffo se è veramente così, sentire qualcosa senza sentirla. Un paradosso: il pagare ex post cose di mesi fa, anche quando tu sai che non c'è niente da saldare. Forse è che in fondo non hai manco voglia di parlare, di dire cose a nessuno, come se ogni giorno quel filo spinato che ti coltivi dentro mette radici più profonde, che bloccano i pensieri prima che essi possano fuoriuscire e arrivare dove non devono. Ansia o no, stare male fa sentire ancora vivi, fa provare qualcosa, anche se non è bello, è già un punto di partenza per smettere di sentirsi un fantasma, senza peso. Forse sono anche i cambiamenti che ti spaventano, questo senso di precarietà che avverti, queste scarse certezze fatte di aria, questi ostacoli da saltare, tutte quelle cose a cui ha sbagliato a credere, tutte quelle cose, persone e situazioni che sono andate perdute, tutte queste corse che fai senza avere una meta. E' davvero così importante correre se non hai una meta? E' giusto pensare di andare senza sapere dove? E ti arriva forte e chiara la risposta: l'essenziale non è andare tanto per andare, correre come un pazzo senza meta, l'importante è sempre sapere dove stai andando, come e perchè lo stai facendo, e sopratutto la persona con cui lo stai facendo e vuoi farlo.


Vivere come volare
ci si può riuscire soltanto poggiando su cose leggere
del resto non si può ignorare
la voce che dice che oltre le stelle
c’è un posto migliore
un giorno qualunque ti viene la voglia
di andare a vedere, di andare a scoprire se è vero
che non sei soltanto una scatola vuota
o l’ultima ruota del carro più grande che c’è
Ma chiedilo a Kurt Cobain
come ci si sente a stare sopra a un piedistallo
e a non cadere
chiedilo a Marilyn
quanto l’apparenza inganna
e quanto ci si può sentire soli
e non provare più niente
non provare più niente
e non avere più niente
da dire
Vivere come nuotare
ci si può riuscire soltanto restando a pelo del mare
d’altronde non si può tacere
la voce che dice che in fondo a quel mare
c’è un mondo migliore
e proprio quel giorno ti viene la voglia
di andare a vedere, di andare a scoprire se è vero
che il senso profondo di tutte le cose
lo puoi ritrovare soltanto guardandoti in fondo
Ma chiedilo a Kurt Cobain
come ci si sente a stare sopra a un piedistallo
e a non cadere
chiedilo a Marilyn
quanto l’apparenza inganna
e quanto ci si può sentire soli
e non provare più niente
non provare più niente
e non avere più niente
da dire
Vivere come sognare
ci si può riuscire spegnendo la luce
e tornando a dormire

sabato 4 gennaio 2014

Riparare coscienze altrui





 Ieri sera hai setacciato un vecchio quaderno d'appunti variegati che credevi, errroneamente, di aver butttato almeno nel dimenticatoio. Le date sono comprese tra il 2008 e il 2010, e le sensazioni a distanza di sei anni, non sono cambiate di una virgola, se non per il fatto che molte vicende le hanno amplificate tanto da costringerti a doverle accettare, tuo malgrado. Quello che mette la distanza tra ieri e oggi, sono tutte le goffe scuse che hai ricevuto, scuse fatte di niente. Tutta questa gente che nel corso degli anni ha sentito il bisogno di scusarsi, come se le scuse servissero a qualcosa oltre che a ripulire la loro coscienza. Forse a volte sarebbe meglio pensare, prima di far male a qualcuno, se il nostro comportamento può ferire o meno. Invece questo non ce lo chiediamo mai, agiamo e basta in virtù del principio per cui bisogna fare sempre il nostro bene. E a volte sei stanca di pronunciare sempre le stesse tre parole, quel "non fa nulla" e vorresti smetterla di rimettere  a posto la coscienza degli altri, manco fosse una macchina che porti da un meccanico. Continui a non capire troppe cose e ti chiedi, se sei tu ad avere qualcosa che non va o sono le cose ad essere così incomprensibili. Spesso ti assale questo senso di vuoto dentro lo stomaco, questo groppo alla gola che non si scioglie mai, che riesce a trovare sollievo soltanto davanti alla sua tomba al cimitero, dove le lacrime continuano a scendere senza sosta, come se la diga che le trattiene si fosse spaccata a metà improvvisamente. Nel ricordo c'è sempre qualcosa d'ingiusto, c'è sempre qualcosa che sfugge, qualcosa di legato all'ultimo periodo,  e per te ora il ricordo più vivo è quell'unico occhio che ti guarda speranzoso e triste al tempo stesso da un letto di ospedale, da una stanza troppo bianca, in una luce troppo forte e tu che nascondendo quello che sai, lo ricambi. Ci sono cose, sensazioni, fatti che non passano mai, nè dopo poco, nè dopo tanto.



E per tutti il dolore degli altri
è dolore a metà

si accontenta di cause leggere
la guerra del cuore
il lamento di un cane abbattuto
da un'ombra di passo

si soddisfa di brevi agonie
sulla strada di casa
uno scoppio di sangue
un'assenza apparecchiata per cena.

venerdì 3 gennaio 2014

Tutti dovremmo avere la possibilità di stupirci

<<"Non credi che la vita sia altrove?" 
La domanda la coglie alla sprovvista. Mi guarda e prima di rispondere beve un sorso di whisky. Riconosce che prendere decisioni la spaventa ed è per questo che non ha mai saputo se fa quello che vuole o si limita a lasciarsi portare dalla furia degli eventi. Le palle da biliardo nella mia testa si fermano e mi lasciano godere di quella prima scintilla di acume. Prendo coraggio e le dico che è futile ostentare sicurezza, dato che il nostro stile è plasmato da critiche e atteggiamenti arroganti e solo gli sciocchi cedono alla lusinga. [...]
"E tu cosa sogni?"
"Quello che sognano tutti," dico guardando l'ometto giallo, "ma neppure in questo ho avuto fortuna".
Lei sorride e dice che la felicità non è un gioco d'azzardo.
[...] Le spiego che la felicità non è una delle mie priorità.>>

Efraim Medina Reyes- Quello che ancora non sai del pesce ghiaccio






Ci sono sensazioni in cui alla fine sei prigioniero, l'incapacità di ridere, per esempio. Quando stai per tanto tempo intrappolato dentro una scatola, uscirne ti causa sconforto, svenimento e smarrimento, come se tutto stesse girando attorno a te che non fai altro che restare fermo, con lo sguardo fisso su un punto da osservare, che si pone come unica garanzia possibile. Alla fine quello che ti lascia un anno disastrato è la sensazione d'intolleranza, di non riuscire più a sopportare frasi finte, gente finte, domande fatte per educazione che non attendono sicuramente le risposte che puoi dare. Chi non fa domande per sentire la risposta che vuole? Il problema è quando ti arriva la risposta che non vuoi e ti trovi costretto a far finta di niente. E allora per evitare l'indifferenza ti limiti a dare la risposta che cercano, quella che non crea problemi. E vai avanti per una stada e non sai se è lei che ha scelto te o tu che hai scelto lei. Scegliere o farsi scegliere? Il dilemma di 24 anni. E in fondo senti ancora il bisogno di non avere ragione, la necessità di poter trovare ancora una volta la forza di sorprenderti. Cerchi ancora qualcosa che possa stupirti.


When I dream I dream of your lips
When I dream I dream of your kiss
When I dream I dream of your fists
Your fists.. Your fists

Leave me bleeding on the bed
See you right back here tomorrow for the next round
Keep this scene inside your head
As the bruises turn to yellow
The swelling goes down

And if you're ever around
In the city or the suburbs of this town
Be sure you come around
I'll be wallowing in sorrow
And wearing a frown
Like Pierrot the Clown