sabato 20 luglio 2013

Osservarti osservare in silenzio


"Mi conosceva come le sue tasche, eppure non capiva quello che provavo.
O forse lo capiva, ma faceva finta di niente."
Valentina D'Urbano- Il rumore dei tuoi passi




L'indecisione riguardo al ricontattare una persona oppure no, ti prende così come un pugno nello stomaco inaspettato dato da uno sconosciuto. Allora ci pensi, no? Scrivi il messaggio, e poi pensi che no è meglio contattare con il social network che ogni giorno ti rende più antisociale di quanto tu non sia sempre stato. Ma poi dici, che neppure questa è una soluzione, e allora fai il numero deciso a buttarti dentro una vasca gelata, e quando sta per partire il fatidico chiamata in corso, chiudi tutto e stacchi pure il cellulare. Alla fine ti rendi conto che non sapresti manco cosa dire e sicuramente che ti manca non glielo dirai mai, neppure sotto tortura. E' tutto come in uno spettacolo di burattini: legati a fili separati distanti ma mai troppo per non vedersi, mantenere distanze vuote come silenzi pieni di parole, pieni di gesti, pieni di atti che possono ferire, ferirti. E un giorno come se fossi oggi mi ricordo di averti detto che la cosa bella delle mancanze è che non sono eterne, che anche quando pensi che dureranno per sempre non è mai così. Tu sicuramente neppure lo ricordi, perchè quella che ricorda sempre tutto ero e sono sempre io, quella che si fa una malattia di ogni cosa che sente. Sono stata cinica, come sempre, ma non ho completato la frase, avrei voluto aggiungere, che quando ti abitui alle mancanze diventano assenze e di quelle non ti liberi più. Ma ancora una volta sono stata zitta, perchè per me era ed è molto più comodo essere spietata, essere cattiva specialmente con le persone a cui voglio bene. Lo sono da quando ero così piccola che non potevo mai immaginare che sarei diventata un mostro: mio fratello era un bambino piagnucolone che cercava sempre la mamma, quando mio padre partì lei dovette iniziare a lavorare, così noi spesso eravamo soli a casa, in quel periodo passavano sempre "Siamo soli" di Vasco Rossi, e lui non la poteva sentire, lo faceva piangere, scalciare, e io anzichè tutelarlo lo tormentavo giornate intere, non perchè mi piacesse la canzone, ma perchè detestavo le sue lacrime. Odiavo il fatto che piangesse e lo volevo fortificare, ora capisco che non ero e non sono nessuno per cercare di fortificare la gente,  che sono stata pessima,  e che non potevo immaginare che quello sarebbe diventato il mio standard di modus operandi. Così non mi resta la consapevolezza che non ti cercherò mai e che ti osserverò nel silenzio del mio orgoglio consolandomi con l'illusione che anche tu osservi in silenzio anche se so che non osservi nè leggi più niente di me.

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