sabato 21 aprile 2012

Giocare col cartone

                                                                                                                           Mihai Criste

Alle otto del mattino duemila strarnuti, maledetta primavera stavolta sei arrivata davvero. Un giorno esci fuori e tutto è diventato verde, tutto rinasce e colma i vuoti  lasciati dall'inverno.  Consola quasi sapere che i vuoti si colmano, almeno in superficie, come lo smalto copre il vuoto di unghie nude. Ho letto che i vuoti non possono essere colmati se non con la stessa cosa che li ha generati, con un incastro perfetto insomma.  Ieri dovevo costruire  col cartone e mi hanno dato in mano forbici da giardinaggio e taglierini, mi sono detta: "ok, io che sono un pericolo anche quando taglio il pane a casa, oggi o mutilo la mia mano oppure, nella distrazione, quella del bambino che è con me". All'inizio il piccolo se ne esce con la geniale idea di voler realizzare un gatto che corre su un tetto e si mangia un topo, ma viene dissuaso  dalla mia imbranataggine e dalla mia scarsa manualità. Alla fine si convince a realizzare un dinosauro ma il mio disegno è peggio di quelli dell'uomo di Neanderthal e non posso appellarmi neppure a qualche avanguardia novecentesca per giustificarmi davanti a un bambino di sei anni appena compiuti. Ma il bimbo creativo e volitivo più di me decide che quello sgorbio sarà un drago a cui decidiamo di applicare delle squame sul dorso. Comincio a tagliare il cartone con la forbice per potare i rami e penso che la mia faccia da fatica di Ercole era così lampante, che il bambino ad ogni squama inizia ad esclamare "E' superbella, è perfetta". Mi veniva da ridere. Finisco le ventidue squame e arriviamo al punto di dover realizzare le zampe. Disegno due grossi archi e li ritaglio. Devo tagliare il dorso dell'animale e gli archi al centro per l'incastro. Taglio di più gli archi e di meno il dorso  ma s'incastrano lo stesso.  Faccio la stessa cosa con le altre due zampe. Incrociando le dita spero che il mostro di Lochness stia in piedi e nonostante i miei ritagli assurdi e sproporzionati il "capolavoro" ha un equilibrio. E' qui che mi rendo conto che non servono incastri "perfetti", che i vuoti si riempiono lo stesso anche se non del tutto, e si sta in piedi comunque e anche bene. Quindi le scatole costruite  si distruggono per demolire la loro apparenza di scatole e costruire altro, ciò che non ti aspetti, ciò che t'immagini, che vuoi.

Ogni tre ami c'è una stella marina
Ogni tre stelle un aereo che vola
Ogni tre notti un sogno che mi consola
De Andrè


Sarà bellissimo
Fare parte della gente
senza appartenere a niente.

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