mercoledì 30 gennaio 2013

Contro le attenuanti




Poi arriva un giorno in cui ti senti appassito, come se avessi perso tutta la linfa che ti consente di provare emozioni di alcun tipo, ti assale e rosicchia il verme dell'indifferenza. Pensi e ti sforzi pure di analizzare il fatto da più vicino, ti chiedi perchè dovrebbe importarti e non trovi motivo, non scendono lacrime, niente tuffi e neppure graffi al cuore. Niente, quasi come se fosse il momento della resa dei conti, quello in cui tiri la linea e sommi gli anni fino a contarne sedici d'indifferenza, li vedi lì davanti a te e pensi al paradosso: sono tre quarti degli anni che hai tu. E alla fine forse non è stata una saggia mossa spiattellarti davanti un conto così secco, ma mascherare ti avrebbe portato ad un uso sproporzionato ed eccessivo di attenuanti come quello che senti da sette anni, e si sa gli eccessi sono come le carenze alla fine. Meglio non rischiare, di cadere nella trappola della giustificazione a oltranza, labirinti di ragioni che stanno dietro otto parole: "è la differenza di mentalità e di generazioni". Prendi queste parole moltiplicale per due e ottieni sempre quei sedici anni.
Ripeti sempre che gli errori degli altri non giustificano i nostri, e anche stavolta ti torna utile, utile per dire che non vuoi giustificazioni. Perdonare è importante, tu sbagli, ma non ne sei capace, ed è per questo che nessuna lacrima scenderà quando lei non ci sarà più. 



Lo so che ti dispiace ma senza troppo impegno.

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