sabato 30 giugno 2012

People take what they want and just leave

"Ti ci vorrà una vita prima d'incontrare qualcuno che ti capisca e ti accetti per quello che sei, alla fine capirai che quel qualcuno... eri tu."


Mezzogiorno e quella nebbiolina prodotta dal sole che brucia l'asfalto. E' passato un altro anno. L'estate è sempre una specie di contrapasso, il momento in cui il cambiamento ti si impone necessario. Non è la primavera a portare pulizia ma l'estate a rendere tutto una tabula rasa. Quando ero più piccola mi ripetavano sempre di non illudermi dell'affetto di un gatto, perchè il gatto veniva da me solo perchè lo nutrivo. Non gli credevo e continuavo a coltivare le mie idee. Crescendo nessuno mi ha mai detto che i gatti erano una metafora per indicare quello che la gente comunemente fa, ti avvicina, si intromette, prende quello che vuole e semplicemente va via. Questo l'ho capito da me, senza ammonimenti esterni.  Da ieri l'immagine dei soffioni nei campi mi perseguita. Li vedo lì disposti in mucchio, perfetti nel loro aspetto e quasi composti con tutte le piccole fibre al posto giusto. Se ti avvicini e ne raccogli uno tra le mani non ne resta niente, solo le macerie. E allora scegli di non avvicinarti, di restare al tuo posto lì dove sei. Ma questa decisione è precaria quasi quanto la loro esistenza. Torni sul luogo del delitto e soffi su uno di loro, si disfa ancora una volta, resta solo lo stelo. Lo guardi li nudo, vuoto, uno stelo come mille altri che non ti fa distinguere più quello che era prima. Anche un soffio di vento lo avrebbe naturalmente smascherato, la naturalezza si palesa e vince sempre sull'artificiosità e sulle architetture che ti puoi costruire con il tuo cemento armato. L'apparenza distrutta di fronte alla verità della sostanza.



Vestiti in fretta che
non sono l'unico
non sono l'ultimo
né il primo abbaglio che ti do.

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